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«Abbasso l’Italia», ancora scontri a Bengasi

Luciano Gulli

È stata un'altra domenica di passione, con grida di «a morte Calderoli» e «a morte gli italiani». Con altre raffiche di manganellate distribuite dalla polizia in assetto da battaglia e qualche ferito leggero; con nuove incursioni nei locali (deserti) del nostro consolato, che sarebbe stato saccheggiato, e tensione alle stelle. Ma ora che le undici vittime degli scontri di venerdì scorso hanno trovato ricetto nel locale cimitero, il peggio sembra passato.
Che i funerali potessero essere presi a pretesto per un nuovo soprassalto di indignazione collettiva, opportunamente sciolinata, era stato messo nel conto. E il «via libera» concesso agli esaltati che si sono anche tolti lo sfizio di orinare nei locali del nostro consolato, è il prezzo che la polizia libica ha in qualche modo accettato di pagare (senza gran sacrificio, a detta dei testimoni oculari) per evitare che i disordini degenerassero in una nuova sommossa.
Sulla portata dei nuovi danni arrecati ai locali della nostra rappresentanza diplomatica non v’è contezza. Il console generale Giovanni Pirrello, che da venerdì vive trincerato in una residenza del governo a Bengasi, non è ovviamente in grado di confermare e verificare. Si resta dunque appesi alle testimonianze vaghe e incontrollabili di testimoni oculari di parte. La notte precedente, altri attacchi erano stati portati da folle di integralisti contro la sede della previdenza sociale libica e un ospedale cittadino. Segno che la protesta ha mutato segno e che le vignette sono diventate un pretesto che consente agli estremisti islamici (violentemente repressi in passato da Gheddafi) di rialzare la testa.
Tensione a Bengasi, ma calma a Tripoli, dove per evitare assembramenti è stata annullata una partita di calcio Libia-Algeria che doveva svolgersi nel pomeriggio.
Tocca, nella circostanza, anche prendere lezioni dal colonnello Gheddafi, che in un’intervista a un giornale tedesco sostiene la necessità di «un cambiamento nel sistema scolastico europeo perché è lì che si mette sotto accusa l’Islam e si incoraggiano i bambini a odiarlo, insegnando loro che il Profeta è un bugiardo». Quanto poi alla grandezza di Allah, opina il colonnello, essa è così grande che, chissà, «un giorno l’Islam potrebbe regnare sull’Europa», come si è visto nelle «prove generali» tenutesi nelle banlieu francesi or è qualche mese.
Quando la profezia del colonnello dovesse avverarsi, non ci stupiremo di vedere le bandiere verdi dell’Islam tornare a sventolare sotto le mura di Vienna, come è già accaduto qualche secolo addietro. Quando accadrà, se è proprio destino, gli storici sono pregati di ricordare che proprio nei giorni della tensione fra Italia e Libia, nel febbraio del 2006, a Tripoli c’era Jorg Haider, il leader dell’estrema destra austriaca e grande tifoso di Gheddafi. A raccontarlo è stato lo stesso figlio della «guida suprema» di Tripoli, Seif al Islam. Che cosa ci faccia Haider a Tripoli non si è saputo.

Si sa però che Haider, nei giorni scorsi, si è battuto perché la presidenza austriaca dell’Ue inviti il colonnello a Vienna per tentare di disinnescare la crisi provocata dalle vignette, «poiché Gheddafi è una figura influente e rispettata nel mondo arabo e vuole gettare ponti con l’Occidente». Sul genere di «ponti», Haider non è stato più esplicito. Ma si ha motivo di ritenere che quella dell’estroso politico austriaco fosse una metafora.

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