Abbondio

Ecco un povero santo che, per colpa di Manzoni, è condannato all’oblio: infatti, chi osa mettere il suo nome a un figlio da quando quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno ha allagato i banchi di scuola? Abbondio era un prete romano che, nel corso della persecuzione di Diocleziano, fu arrestato insieme al suo diacono Abbondanzio. Portati davanti al magistrato, ai due venne ingiunto, come da copione, di sacrificare all’altare di Ercole. Naturalmente rifiutarono e furono gettati in cella nel carcere Mamertino. Un mese di buio, catene, pane e acqua, poi l’ultimo invito. All’ennesimo rifiuto, vennero torturati e condannati a morte. Scortati verso il luogo dell’esecuzione, che era al decimo miglio lungo la via Flaminia, si imbatterono nel funerale di un giovinetto, Giovanni, la cui perdita suo padre, il nobile Marciano, piangeva disperato. Abbondio, commosso, chiese alle guardie una breve sosta, durante la quale pregò sulla spoglia del ragazzo. E quest’ultimo, con grande stupore di tutti, si levò dalla bara, resuscitato. A quel punto, padre e figlio riconobbero la superiorità del Dio dei due condannati e cominciarono a protestare, chiedendone la liberazione. Seguì una discussione che arrivò al culmine quando padre e figlio si dichiararono anche loro, da quel momento, cristiani. Ovviamente vennero associati all’esecuzione che si risolse in quattro decapitazioni. I corpi furono riscattati dalla matrona Teodora (santa anche lei), che li seppellì nel suo cimitero di famiglia a Rignano Flaminio. Ah, chiedete Il libro della fiducia a “Luci sull’Est” (v. Savoia 80, 00198 Roma).
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