Addio Lando Fiorini, si è spenta la "voce de Roma"

Anima musicale della Capitale, aveva 79 anni. Debuttò nel '61

Addio Lando Fiorini, si è spenta la "voce de Roma"

Aveva appena vent'anni quando Roma iniziò a specchiarsi nella sua voce. Era già il bel Lando, soprannome per comodità di Leopoldo, e aveva alle spalle il brutto travaglio dell'orfano accudito da un'altra famiglia. Faceva, in quei tempi grami prima del boom economico, il facchino ai Mercati generali di via Ostiense e, tra una cassetta di puntarelle e l'altra, cantava a squarciagola i motivi, le arie, gli stornelli della romanità più spicciola e disinvolta, quella che di lì a poco contribuì a fotografare sia sui dischi che nei teatri oltre che in televisione. Garinei e Giovannini lo videro nel 1961 al Cantagiro e di lì a poco lo ospitarono al Sistina nel memorabile Rugantino con l'orchestra diretta da Armando Trovajoli. Cantava, con quel bel sorriso verace e un entusiasmo che lo ha accompagnato fino alla fine, la Chiumachella de Trastevere, che è diventata il suo spartiacque, la sua «sliding door».

Da quel momento, l'ultimo di otto figli, tutti nati come da copione a Trastevere, è diventato il volto rassicurante di Roma e del romanesco trasformato in stornello che poteva essere trasportato anche nel resto d'Italia senza perdere efficacia né, tantomeno, fascino. Difatti Lando Fiorini ha inanellato così tante apparizioni in tv tra gli anni Sessanta e Novanta da diventare un volto noto a (quasi) tutti, pur essendo incardinato in un contesto dialettale. Per capirci, ha vinto (moralmente) Canzonissima nel 1974 e ha recitato a teatro con Macario e Walter Chiari, mica due qualunque. Intanto, oltre a tifare per la «magica Roma», ha pubblicato ventisei dischi, nei quali mescolava «mozzichi e baci» come nella malinconica Barcarolo romano o nella romantica Bella quanno te fece mamma tua, e classici tipo La società dei magnaccioni oppure Roma nun fà la stupida stasera che hanno due possibilità di interpretazione. Quella folcloristica e distaccata. Quella credibile e vissuta. Lui quelle canzoni le aveva vissute prima ancora di fare il facchino, quand'era garzone di barbiere oppure aiutante di ciclista e incrociava, giorno dopo giorno, i romani di ogni giorno, quelli borghesi e quelli borgatari, ancora feriti dalla guerra ma sempre ribollenti di ironia e vitalità. Per loro Lando Fiorini è stato per almeno mezzo secolo il volto della Roma più innocente, l'altra metà del cielo rispetto a quello occupato con poesia e sofferenza da Franco Califano.

E il suo sorriso popolano e trasparente ha dato anche per quarant'anni il benvenuto al «Puff», il cabaret in piena Trastevere che si è subito abbonato al tutto esaurito perché lì si respirava esattamente l'atmosfera delle sue canzoni.

Pian piano, Lando Fiorini è diventato un marchio che identifica ancora un pezzo di Roma, quella magari sottovalutata da tanti, sicuramente ridicolizzata da tanti intellettuali ma tremendamente vera e ostinatamente vicina a un ricordo che negli anni si va pian piano trasformando in una cartolina in bianco e nero.

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