nostro inviato a Verona
Un giorno ancora e da domenica muore virtualmente il Tocai di casa nostra.
Il 31 marzo infatti è lultimo giorno utile per le cantine del Friuli Venezia Giulia per etichettare come Tocai Friulano, vendemmia 2006, il bianco che a lungo è stato la bandiera della regione, vino messo in crisi dal diktat comunitario, di una Unione Europea che ha accolto le tesi degli ungheresi per la difesa di un unico Tokaj, il loro, dolce e di tuttaltra uva (tra laltro un uvaggio, cioè lassemblaggio di quattro uve diverse).
Presi in contropiede, noi italiani non siamo mai riusciti a ribaltare la situazione per difendere il nostro tradizionale e adesso siamo al puntare tutto su una legge regionale che è un po una scelta rischiatutto.
I passi precedenti: si è passati da Tocai a Tocai Friulano, regolarmente in degustazione al Vinitaly, per abituare il mercato a un aggettivo che nel tempo sarebbe diventato il solo nome di un bianco che, purtroppo per lui, piace in pratica solo tra la Carnia, Lignano e Trieste, tanto che ormai si produce meno del Pinot Grigio, graditissimo invece allestero.
Con lindicazione «Friulano» cè chi spera che nel tempo si identifichi il vino come succede a livello di sigari quando si pronuncia la parola Toscano. Peccato che la cosa non è piaciuta alle cooperative, in primis quella di Cormons, premiatissima (con merito sia chiaro). Morale: un decreto regionale dovrebbe permettere di chiamare ancora, nella sola Italia, Tocai Friulano un prodotto che allestero deve essere ribattezzato Friulano. Si spera così di arrivare a porre il caso davanti alla Comunità Europea.
Il rischio è di fare la figura dellitaliano furbetto. Una certezza: la confusione è garantita anche perché il tedesco in vacanza nel Nord-Est non troverà il Friulano a cui magari si è affezionato tra Francoforte e Monaco.
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