RomaQualcuno lo aveva presentato come il congresso della svolta «a destra» della Cgil. Quello del cambio di consegne, sia pure differito di qualche mese, tra Guglielmo Epifani e un nuovo segretario, Susanna Camusso, che dovrebbe riportare il sindacato della sinistra a tutti tavoli delle trattative. Invece ci sono tutti i presupposti perché il XVI congresso della Cgil, che si è aperto ieri a Rimini, sia ricordato come quello del «tana libera tutti». Di una deriva politica senza precedenti per corso dItalia, segnata dallo scollamento tra gli umori degli iscritti e gli orientamenti dei vertici.
Il termometro, come tradizione dei congressi, è stato il binomio applausi-fischi allannuncio degli ospiti. Mai così netti a un congresso confederale. I delegati hanno fischiato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che se lo aspettava. Fischi anche per Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, che invece avevano scommesso su una reazione diversa, visto che uno dei punti allordine del giorno era lunità sindacale. Ovazioni per Oscar Luigi Scalfaro. «È una strana Cgil che osanna un vecchio democristiano e fischia i segretari di Cisl e Uil. I miei fischi erano scontati, ma quelli per le altre organizzazioni sono più preoccupanti», annotava a caldo lo stesso Sacconi. Osservazione, quella del ministro, che assume ancora più peso se si considera che la platea è stata tiepida quando è stato letto il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Battimano di cortesia persino per Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico che in questi giorni sta facendo di tutto per riaccreditare il Pd come partito del lavoro. Segni di approvazione più sentiti e rumorosi per Antonio Di Pietro, che sta facendo la stessa operazione. Vera star dellassise, un po a sorpresa, il governatore della Puglia e leader del Sel, Nichi Vendola.
Segni di un orientamento politico della pancia che non è quello né di Epifani né di Camusso, e non è più rappresentabile nemmeno dalla sinistra interna al sindacato, sempre più battagliera, di Gianni Rinaldini e Giorgio Cremaschi. E che trova semmai una sponda politica in Antonio Di Pietro. Lex pm, che lo sa, ieri ne ha approfittato, gettando sale nelle ferite. Ha letto la relazione di Epifani come «un appello agli altri sindacati e ai lavoratori di non fare tresca con il datore di lavoro, con il governo in questo caso». Poi si è messo a disposizione, come cinghia di trasmissione al rovescio, per realizzare il programma di Epifani, attraverso liniziativa parlamentare di Italia dei valori. Una tentazione forte per i cigiellini in cerca di punti di riferimento. Anche perché, dallaltra parte, Bersani si è limitato a osservare che «quella di Epifani è stata, una relazione seria» e ha auspicato che tutti mettano al centro il lavoro, ma «ciascuno nella sua autonomia».
La relazione del segretario generale, in realtà, ha un segno diverso rispetto alla lettura di Di Pietro. Epifani ha fatto qualche apertura sulla riforma della contrattazione, che gli altri sindacati hanno varato con le imprese.
Poi ha proposto un piano triennale per riportare la disoccupazione al 7,5%. Come? la ricetta è semplicissima: 400mila nuovi posti nella Pubblica amministrazione e altri 300mila, nel privato, con sgravi fiscali e crediti di imposta. Poi un allentamento del patto di stabilità interno.
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