«Adorato Malcolm, ecco il mio viaggio fra selvaggi, marinai, tempeste, baleniere»

Un'inedita lettera (fiabesca) del grande scrittore americano al figlio

di Herman Melville

A Malcolm Melville

16 settembre 1860

Oceano Pacifico (al largo delle coste del Sud America, sul Tropico del Capricorno)

Sabato primo settembre 1860. Mio caro Malcolm: sono passati esattamente tre mesi da quando il Sailor è partito da Boston un quarto di anno. Durante tutto questo tempo, la nave è stata sempre in moto, ha attraccato soltanto per due giorni. Immagino che tu abbia seguito la rotta sulla mappa (spero che il mio globo sia messo meglio altrimenti dì a Mamma di pulirtelo) da Boston a San Francisco. La distanza, in linea retta, è di 16.000 miglia; ma prima che sia arrivata, la barca dovrà navigare per 18 o 20.000 miglia. Quando abbiamo attraversato l'Equatore, sull'Oceano (...)

(...) Atlantico era molto caldo; & per diverse settimane è stato così; poi spostandoci verso Sud il caldo ha cominciato a scemare, il clima è diventato fresco, poi freddo, poi sempre più freddo, e infine è spuntato l'inverno. Indossavo due maglie di flanella, guanti enormi & un cappotto, poi un grosso cappello di Russia, che è un berretto di cuoio molto spesso chiamato così dai marinai. Infine siamo arrivati in vista di una terra coperta di neve - disabitata, dove non vive nessuno e nessuno mai vivrà - tanto arida, fredda, desolata. Si chiama Staten Land - un'isola. Vicino, c'è la grande Terra del Fuoco. Siamo passati attraverso quel dedalo di isole, siamo riusciti a osservarle. Alcuni «selvaggi» vivono nella Terra del Fuoco; ma essendo tanto abissale l'inverno, credo che vivano in caverne. Ad ogni modo, non ne abbiamo visti. Il giorno dopo eravamo a Capo Horn, il punto più a Sud di tutto il continente americano. Il tempo era cattivo, alle tre di pomeriggio cadeva il buio. Il vento fischiava in modo terribile. Abbiamo subito una tempesta di grandine e di neve, il ponte si è ghiacciato. La nave ha rollato, abbiamo imbarcato tanta acqua da lavarci le gambe. Scrosci d'acqua hanno colpito diversi marinai, che hanno rischiato di essere sbalzati dalla nave. Questo mi ricorda una cosa molto triste che è accaduta il mattino stesso in cui eravamo al largo del Capo. Era la prima luce dell'alba; soffiava selvaggio il vento; lo Zio Tom ordina che le vele superiori (quelle grandi) vengano piegate. Mentre i marinai armeggiavano su un albero, la nave si piega, terribilmente, soffia neve e grandine, il vento è freddo & aguzzo. All'improvviso, Zio Tom vede qualcosa che cade, poi un tonfo, violento - guardiamo: un povero marinaio che giace morto sul ponte. Caduto dall'albero, morto all'istante. I compagni lo prendono e lo portano sotto coperta. Quando il tempo lo permette, un uomo cuce il corpo dentro un pezzo di tela per le vele, mette delle palle di ferro - palle di cannone - ai suoi piedi. E quando tutto è pronto, il corpo è posto su un'asse e scortato lungo il fianco della nave, alla presenza di tutti. Allora lo Zio Tom, il capitano, legge una preghiera, poi dice una parola, i marinai inclinano l'asse, il corpo scivola verso l'oceano barbaro, scompare. Così un povero marinaio è stato sepolto in mare. Ray - così si chiamava quel marinaio. Aveva un amico, volevano raggiungere insieme la California, pensavano di vivere lì - e guarda cosa è accaduto.

Siamo stati in tempesta per quaranta o cinquanta giorni. Ora il tempo è buono, il sole splende, caldo.

Oceano Pacifico. 16 settembre 1860. Mio caro Malcolm: da quando sei arrivato alla quarta pagina di questa lettera, navighiamo nella bella stagione, il tempo procede buono. L'altro giorno abbiamo avvistato una baleniera; ho preso una scialuppa e ho navigato nell'oceano fino alla baleniera, sono stato lì per un'ora. A bordo c'erano otto o dieci «selvaggi». Il capitano della baleniera li ha arruolati in una delle isole intorno a Rarotonga. Dovrebbero aiutare a tirare la balena dopo che è stata catturata. L'equipaggio dello Zio Tom ora è tutto preso a rendere elegante la nave per quando arriveremo a San Francisco. Sistemano il sartiame, dipingono la nave & gli alberi e la coperta. Adesso la nave è corrosa da tutto il brutto tempo che abbiamo subito fino a poco fa. Quando arriveremo a San Francisco ti spedirò la lettera, la riceverai entro 25 giorni. Con un piroscafo voglio andare in un posto chiamato Panama, sul Golfo di Darién (tira fuori la mappa & cerca) poi attraverserò l'istmo grazie alla ferrovia fino ad Aspinwall (l'attuale Colón, ndr) o a Chagres sul Golfo del Messico; lì prenderò un altro piroscafo e dopo avere toccato L'Avana, a Cuba, andrò direttamente a New York, e poi a Pittsfield.

Spero che, quando arriverà, questa lettera ti troverà bene, te e tutta la famiglia. Spero che tu ricordi quello che ti ho detto prima di partire riguardo al tuo comportamento. Spero che tu abbia obbedito alla mamma, le abbia dato aiuto, le sia stato di supporto. Ora è il momento di mostrare quello che sei - se sei un bravo ragazzo o un buono a nulla. Qualunque ragazzo che alla tua età disobbedisce alla madre, o è irrispettoso, è un povero disgraziato; se conosci qualcuno di questi ragazzi, è bene che non li frequenti.

Ora, mio caro Malcolm, devo finire la lettera per te. Penso spesso a te, a Stan & Bessie e Fanny; e spesso vorrei stare con te. Ma non può accadere questo, per ora. Ho una immagine di te in testa, la guardo, finché non mi sembra reale. Ti saluto, mio caro ragazzo, & Dio ti benedica, il tuo affettuoso padre,

Herman Melville

(traduzione di Davide Brullo)

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