da Mosca
Un primo atterraggio fallito, il messaggio del pilota che annunciava linversione di rotta, poi la comunicazione della torre di controllo di una migliore visibilità sulla pista secondaria e un nuovo tentativo di atterrare: infine la scomparsa dellaereo dai radar. Così un Airbus 320 delle linee armene Armavia proveniente da Erevan è precipitato nel mar Nero, a soli sei chilometri dalla costa, mentre stava scendendo sullaeroporto russo di Adler, scalo della località balneare di Soci. Le 113 persone a bordo, fra passeggeri ed equipaggio, sono tutte morte nel disastro. In un primo momento si era sperato in un ammaraggio e quindi nella presenza di superstiti: ma ai soccorritori, arrivati subito sul posto, si è presentata l'immagine di unenorme chiazza d'olio su cui galleggiavano pezzi di fusoliera e qualche giubbotto di salvataggio che nessuno aveva fatto in tempo a indossare. La strage, secondo le prime indagini, è essenzialmente dovuta al maltempo che imperversava nella zona: una fitta pioggia che aveva reso praticamente nulla la visibilità e forti raffiche di vento.
Gli inquirenti - Russia e Armenia hanno formato una commissione mista - escludono qualunque ipotesi di terrorismo, e accanto alla causa del maltempo stanno vagliando quelle di un malfunzionamento tecnico o di un errore umano. Ma dalla compagnia Armavia, dal febbraio del 2004 proprietaria dell'Airbus, si sottolinea che l'aereo era di fabbricazione abbastanza recente ed era stato interamente revisionato meno di un mese fa: i piloti poi erano molto esperti. Sergei Ieriomin, procuratore del capoluogo regionale Krasnodar, propende invece per l'errore umano: secondo la sua ricostruzione, l'aereo aveva dovuto cambiare in fretta pista a causa della visibilità nulla, e durante la manovra di allontanamento per dirigersi sul secondo tracciato, il pilota avrebbe alzato troppo bruscamente il muso dell'aereo, colpendo i flutti con la coda e perdendo il controllo.
Delle 113 vittime, 77 erano armene e 28 cittadini russi, oltre a un georgiano e a una donna ucraina. Per i parenti, è stato allestito un ponte aereo: hanno l'ingrato compito di identificare i corpi finora recuperati, 47. Il grosso del relitto giace però a oltre 300 metri di profondità sotto il mare e le condizioni meteorologiche continuano a essere proibitive, ostacolando il lavoro delle 40 navi e dei 500 uomini dispiegati dalla protezione civile.
L'aeroporto di Adler è considerato particolarmente difficile dai piloti, sia per le spesso avverse condizioni atmosferiche, sia per la catena montuosa che circonda la zona e rende obbligatorio l'accesso dal mare.
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