«Per affrontare la crisi non servono piagnistei ma idee e voglia di fare»

Dottor Pazzali, che Italia vede, dal suo osservatorio di amministratore delegato di Fiera Milano?
«Vedo un’Italia un po’ diversa da quella che leggo sui giornali, da quella di cui sento parlare e definire con parole gravi. Vedo anche un’Italia diversa da quella che ho ascoltato dipingere recentemente, al Convegno Ambrosetti di Cernobbio».
Quindi, la interrompo subito, lei è un ottimista a prescindere.
«Mi creda, nessuno vuole sottovalutare le difficoltà che stiamo attraversando. Non è certo il momento per far finta di nulla e per ignorare i problemi che, in molti casi, per ricaduta congiunturale, l’Italia subisce e condivide con molti altri Paesi, ma è l’approccio a questi problemi che molta gente sbaglia e continua a sbagliare. Mi sento di poterlo dire con cognizione di causa perché Fiera Milano è una passerella privilegiata per vedere sfilare l’altra Italia, l’Italia che fa e che reagisce alla crisi».
Ci fa un esempio, giusto per avviarci sulla strada dell’altra Italia?
«I risultati e gli obbiettivi raggiunti da una manifestazione che si è appena conclusa: il Macef e i suoi numeri. Un aumento dei dieci per cento degli espositori, e parliamo di duemila espositori, un aumento del quindici per cento dei visitatori e dei metri quadrati espositivi. Numeri che fanno presumere anche un aumento, mi auguro considerevole, del volume di affari per tutti».
Venire in Fiera, esporre in Fiera, in questo momento, quindi, è quasi un atto di fede.
«Certamente è un atto di coraggio. Perché significa, prima di tutto, scegliere la strada del fare, mettendosi in gioco con investimenti individuali e aziendali che possano permettere di ripartire e di perpetuare quelle che sono sempre state le nostre attitudini: la capacità di reinventarsi, di stare al passo con i tempi e di sfidare il mondo economico e imprenditoriale con le nostre idee e le nostre soluzioni. Esattamente ciò che hanno fatto i nostri progenitori e le generazioni passate. Basta non ascoltare le cassandre e smetterla con i piagnistei».
A proposito di disfattismo, lei accennava all’amarezza provata al convegno di Cernobbio.
«A Cernobbio mi sono un po’ vergognato che un buon 50 per cento dei miei colleghi si unisse al coro del pessimismo. Anche per una ragione pratica: se siamo pessimisti noi che siamo dei privilegiati, che guadagniamo bene, che abbiamo possibilità e opportunità che non a tutti si presentano, allora come dovrebbero reagire i nostri collaboratori, e tutti quegli italiani che, ogni giorno, debbono contare solo ed esclusivamente sulle proprie risorse? Che razza di esempio possiamo dare a quell’Italia che fa sacrifici, che si impegna e si rimbocca le maniche non solo per stare a galla ma per affermarsi e continuare ad affermare nel mondo il nostro brand? Il punto di partenza per affrontare i problemi siamo noi stessi, inutile guardarsi attorno e stare ad aspettare qualcosa o qualcuno. E noi dobbiamo essere anche i primi a fare rinunce. Come italiani abbiamo tagliato traguardi straordinari in tutti questi anni. Ci sono simboli del made in Italy ovunque nel mondo, dalle Maldive a New York, a Dubai. Testimonianze concrete di quanto la gente nel mondo apprezzi ancora oggi la nostra creatività. Come si fa a continuare ad essere solo e sempre pessimisti?».
Eppure ci sono giornali che suonano la grancassa del pessimismo e politici che si uniscono al coro e sembrano vivere sempre più lontano dalla realtà.
«Non è poi così vero che tutti i politici sono lontani dalla realtà. Grazie alla lungimiranza di politici come il presidente della Regione Lombardia e il premier Berlusconi è stato realizzato a Milano in soli 30 mesi un quartiere fieristico che è diventato leader nel mondo. Sono queste le scommesse che possono contribuire a cambiare le sorti della nostra economia ma soprattutto che possono aiutare anche a cambiare mentalità e a uscire dal disfattismo».
Un appello ai giovani ma anche ai meno giovani, il suo.
«Certamente. Dopo il Macef arriveranno in Fiera il salone del tessile, poi quello della pelletteria e delle calzature. Sono tutti settori dove l’Italia può continuare a dettare legge e ad affermarsi.

Bene, un imprenditore, internazionalmente conosciuto e apprezzato come Loro Piana, per lanciare il Salone del tessile ha scelto Milano e l’Italia, non è andato all’estero dove sono tutti sempre pronti a saccheggiare le nostre idee e la nostra inventiva. Si è ispirato al buonsenso, seguendo l’esempio dei nostri padri. Ed è proprio il buonsenso che ci dice ancora oggi che l’Italia, con l’impegno di ciascuno di noi, con un cambio di passo e di mentalità, ce la può fare».

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