Agenzia di Sanità pubblica sprecona

Il dado è tratto e il presidente-commissario comunica che taglierà di netto le consulenze nelle aziende sanitarie. Non rimane che attendere la prova dei fatti, visto che ha annunciato le prime misure proprio per oggi. Ma forse ci vorrà un po’ di pazienza visto che il governatore non è un campione di tempismo. Per cimentarsi con i primi tagli, secondo logica, bisognerebbe partire dall’Agenzia di sanità pubblica, visto che l’esecutivo dovrebbe aver ricevuto il prospetto degli sciali firmato dai servizi ispettivi della Ragioneria generale dello Stato.
In chiare note è un invito a intervenire per ottenere riduzioni di oneri a carico del bilancio. Con la precisazione di «un ridimensionamento delle spese relative alla struttura non strettamente indispensabili che contribuirà a determinare possibili economie». E non mancano i dettagli. Anzi, ce n’è a profusione. Dall’indennità fuori misura del direttore generale, a quella di alcuni dirigenti che percepiscono cifre che sforano il tetto contrattuale. Neppure mancano manager con compiti apicali che non hanno i titoli per ricoprire l’incarico assegnato. La verifica amministrativa e contabile bacchetta duramente l’Asp, l’Agenzia artefice dei progetti di rientro, del piano di riorganizzazione ed economizzazione della rete ospedaliera e dell’analisi delle performance gestionali nei servizi assistenziali. L’Agenzia che però, quando si tratta di applicare in casa semplici regole di economia spicciola, tergiversa fino a eluderle.
Per pagare i compensi complessivi dei vertici apicali, consiglio di amministrazione e collegio dei sindaci revisori, negli ultimi 5 anni nell’Asp l’impegno di spesa è cresciuto del 30 per cento: da 668mila euro a 863mila. In dettaglio le spese per il Cda sono passate da 251mila a 375mila, quelle dei revisori da 150 a 210 e quelle per la retribuzione del direttore Clini da 239 a 277mila. Cifra che non passa inosservata poiché «l’onere stipendiale del direttore generale deve essere equiparato a quello dei manager delle Asl: un massimo 161mila euro».
In questo caso specifico lo stipendio arriva invece a 191mila. Quanto alla miriade di posizioni amministrative e dirigenziali «variamente assegnate», si arriva a oneri di spesa di 2 milioni e 600mila euro. E il 50 per cento (1.392.943) è per il personale in servizio nella direzione generale, mentre altri 87mila per la segreteria e 104mila per l’ufficio di staff. Numeri che in seno a un bilancio deficitario come quello del Lazio dovrebbero scendere, invece di salire. Dal 2004 al 2007 la spesa per il personale (funzionari e impiegati) è passata da 7,7milioni di euro a 9,7. In pratica i costi di gestione della ciclopica macchina sono pari al 59 per cento dei costi complessivi. Sulla base di alcune cifre sostanziose si innesta una seconda indagine: una sequela di dipendenti e collaboratori che ricoprono incarichi dirigenziali senza averne titolo. Così scrive l’ispettorato: «Mancano i titoli previsti per l’assegnazione dell’incarico dirigenziale secondo le norme in vigore per cui emerge una certa confusione nel quadro di assegnazione». Confusione che si ripete anche sui contratti per i co.co.co. e i co.co.pro. Un caso riguarda l’autista a disposizione della direzione generale, un altro quello della «persona di fiducia» per curare la segreteria del presidente D’Ubaldo.
E dopo la confusione arrivano i pasticci.

Infatti non è solo lo stipendio di Claudio Clini a sforare la soglia prevista ma pure quello di altri dirigenti apicali che superano il tetto dei 142mila euro previsti dai contratti vigenti nel pubblico impiego. Oltre al fatto che all’Asp per 61 super dirigenti si spendono oltre 2milioni l’anno.

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