Andrea Nativi
da Milano
La crisi di Airbus e di conseguenza del suo azionista Eads, è alla svolta. Christian Streiff, il nuovo capo di Airbus, fa sul serio, vuole rilanciare il colosso aerospaziale civile europeo e ha ottenuto dagli azionisti autonomia di manovra per avviare misure straordinarie, che in passato nessuno ha voluto o potuto avviare a causa dei veti politici e delle ricadute occupazionali.
Streiff non si è accontentato della mezza ristrutturazione annunciata lo scorso giungo, quando è stato maldestramente comunicato che il programma di sviluppo e consegna dellA380, avrebbe subito un ritardo di 6 mesi. Streiff ha avuto il via libera dei due ceo di Eads, Gallois e Enders, e insieme hanno deciso di fare piazza pulita. Limpatto negativo sugli utili operativi nei prossimi quattro anni è passato da 2 a 4,8 miliardi di euro, mentre, dopo aver avviato una riorganizzazione manageriale, è stato avviato un piano ambizioso che dovrà portare Airbus a tagliare i costi del 30% entro il 2010. Questa volta però si farà sul serio, i tempi di sviluppo dei nuovi aerei dovranno ridursi da 7,5 anni a 5,5 anni, mentre si vogliono ottenere risparmi di 2 miliardi di euro allanno dal 2010. Si rivedrà il modo di realizzare e produrre gli aerei: più lavoro per lA380 sarà concentrato a Tolosa, diverse attività condotte ad Amburgo saranno sospese e in compenso ai tedeschi andrà lavoro sullaereo a corridoio singolo A320 e derivati. Soprattutto Airbus non tenterà più di fare tutto in casa sempre e comunque, esternalizzando poche attività solo quando è assolutamente necessario, ma appalterà a fornitori esterni ogni fabbricazione che risulti condotta in modo non competitivo. È questa la vera rivoluzione, anche se non è certo una novità: si tratta solo di seguire quello che Boeing ha fatto con successo in questi ultimi anni: concentrarsi su progettazione, integrazione, assemblaggio finale e supporto ed appaltare il resto.
Il vecchio sistema faceva comodo ai soci industriali di Airbus, che potevano «caricare» costi industriali elevatissimi e ottenere utili due volte, come fornitori e come azionisti. E faceva comodo ai politici nazionali, che vedevano la maggior parte del lavoro rimanere «in casa», distribuito poi in modo accurato quando rigido e inefficiente.
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