Tra Alemanno e Veltroni più carezze che pugni sulla sussidiarietà capitolina

Sfida all’insegna del fair-play L’ex ministro: «Urge un nuovo modello basato sulla libera scelta»

È durato trentanove minuti il confronto sul tema della sussidiarietà tra «Walter» e «Gianni», come ormai si chiamano familiarmente il sindaco (e futuro leader del Pd) Veltroni e il «federale» (e leader dell’opposizione capitolina), Gianni Alemanno. Dopo aver passeggiato insieme tra gli stand delle 318 associazioni che venerdì scorso hanno dato vita alla «Notte bianca della solidarietà» - iniziativa voluta da An e poi sponsorizzata dal Campidoglio - ieri i due si sono rivisti nella sede di «Unioncamere» in occasione del seminario organizzato dalla cooperativa «Labores» in collaborazione con la Fondazione «Nuova Italia» e con la «Fondazione per la sussidiarietà» di Giorgio Vittadini.
Argomento del giorno «il presente e il futuro della sussidiarietà a Roma», tema su cui Alemanno e Veltroni declineranno le rispettive visioni - differenti, seppur unite dal riconoscimento dell’esigenza di un nuovo modello di «welfare community» - in un clima di grande fair play istituzionale, perché come spiegherà l’esponente di An, «c’è bisogno di un bipolarismo meno velenoso per far capire ai cittadini quali siano le opzioni disponibili». Poco dopo le 12 è l’ex ministro dell’Agricoltura ad accogliere il sindaco, che entrando di corsa saluta il vecchio sfidante per il Campidoglio con un «ciao Gianni, vieni». Poi i due si accomodano in prima fila nella «Sala Longhi» e cominciano a parlottare fitto mentre la precedente sessione del convegno, introdotta dai consiglieri comunali Alessandro Cochi e Fabrizio Ghera, volge al termine. Quindi il via al confronto: il moderatore Vittadini chiede ai due «quale concezione di sussidiarietà si può mettere in atto a Roma». Alemanno apre le danze: «Nella Capitale non si riesce a passare da un’amministrazione che con i suoi bandi sceglie chi deve erogare i servizi sociali a un sistema in cui è l’utente a poter fare una libera e immediata scelta. La parola «sussidiarietà» rimane uno slogan, un velo per celare a destra un nuovo liberismo, a sinistra un nuovo statalismo». Il rischio, prosegue il «federale» di An, «è che il Tar impugni tanti bandi comunali sui servizi sociali perché non rispettano il principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione».
Veltroni replica snocciolando le cifre: «In questi anni abbiamo fatto molto: 881 milioni di euro di spesa sociale contro i 691 del 2001; il numero degli utenti cresciuto del 63 per cento. Abbiamo scelto una strada difficile attraverso i mille soggetti accreditati sul territorio che possono erogare dei servizi. Il nostro modello si fonda su quattro parole d’ordine: Welfare community, accreditamento, libera scelta e sistema di equità sociali garantite dalle istituzioni». Ma il dibattito si scalda solo nella seconda parte: «Urge - incalza Alemanno - restituire libertà alle famiglie attraverso voucher e detrazioni fiscali. A Roma serve più coraggio nello smantellare il sistema delle municipalizzate che perpetua la logica dello statalismo. Caro Walter, nel tuo programma elettorale la parola sussidiarietà non c’era, forse ti è rimasta nella penna». « È importante quello che si fa - replica «Walter» -. Vorrei ricordare che qualcuno chiamò i romani a pronunciarsi sulla privatizzazione della Centrale del Latte e si battè per vendere l’Acea». «Contro “quella” privatizzazione», precisa «Gianni». Alle 13 il sipario cala sul più bello, Veltroni deve correre in Campidoglio. In serata il segretario del Prc, Massimiliano Smeriglio attacca: «Stupisce il vivace protagonismo della coppia Veltroni-Alemanno.

Il welfare community non è la svendita del pubblico». Ultima parola ad Alemanno: «È la conferma di come i buoni propositi del sindaco Veltroni siano inesorabilmente destinati a scontrarsi con lo statalismo e i blocchi ideologici della sinistra radicale».

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