Aveva le spalle larghe, il caporalmaggiore Alessandro Pibiri. Aveva 25 anni e il sorriso aperto delle persone perbene. Lo ricordano tutti così nella sua cittadina, Selargius, in provincia di Cagliari, con il dolore composto e silenzioso della gente di Sardegna. Lo ricordano piangendo i parenti. Ricacciando in gola le lacrime gli amici del bar. Allargando sconsolati le braccia quelli che «sì, lo conoscevo soltanto di vista, povero ragazzo, poveri genitori, che Dio gli stia vicino...».
È sempre lItalia sommersa delle famiglie unite e delle abitazioni modeste e dignitose - lItalia che i politici non conoscono e non frequentano - quella chiamata a soffrire in queste occasioni. È lItalia bella, fatta di bella gente come Marco, il papà di Alessandro, maestro di musica in pensione, attuale direttore del coro polifonico cittadino, che dopo una notte senza sonno, con il cuore ridotto a un grumo, stretto alla moglie Luisella e allaltro figlio maggiore, Mauro, di 30 anni, ieri mattina ha trovato la forza di dire qualche parola ai giornalisti che dalla sera prima avevano assediato labitazione di famiglia, in via Fratelli Cervi.
«Prima rientrano a casa e meglio è, sono ragazzi giovani e vanno lì soprattutto con il miraggio, forse, un po dei soldi - ha detto luomo chinando impercettibilmente la testa immacolata davanti alle telecamere, come per un istintivo gesto di pudore -. LIrak è un posto dove la vita umana non conta, mentre la popolazione è da aiutare». Papà Marco ha anche ricostruito il momento stesso in cui, laltra sera, verso le 22,30, ha appreso la notizia della morte del figlio, comunicatagli al telefono da padre Mariano, il cappellano militare della Brigata Sassari. «Sei vicino a tua moglie?, mi ha chiesto - ha raccontato -.Allora stringila forte, perché Alessandro non cè più». Un abbraccio che è durato tutta la notte.
«Lo ricordo come un ragazzo semplice e che sia un eroe non mi interessa più di tanto. Avrei voluto mio figlio a casa - ha proseguito Marco Pibiri parlando del figlio che prestava servizio a Camp Mittica, il quartier generale italiano a Nassirya, con lincarico di servente per missili contro carri filoguidati nella Task Force Alfa. «È stato mandato lì, in Irak, con un compito preciso e ora soffro per un figlio che non c'è più. Era un ragazzo doro che aveva un bel carattere soprattutto con noi genitori e non nascondeva nulla di quanto accadeva. Un ragazzo tuttofare che non si tirava mai indietro». Papà Marco ha ricordato anche come il figlio fosse «contento di partire, e affezionato alla divisa che portava quasi da 5 anni, sempre a Sassari, e ci siamo affezionati anche noi. Faceva il suo lavoro volentieri - ed era un vanto per noi: già caporalmaggiore, così giovane».
La bara con il corpo di Alessandro rientrerà oggi a Ciampino con un volo dellAeronautica militare. Domani dalle 13 alle 19 la camera ardente al Celio di Roma. Venerdì alle 12 nella basilica romana di San Paolo i funerali.
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