Alfredo, il pensionato che vive in aeroporto

La storia dell’uomo analoga a quella del protagonista del film di Spielberg «The Terminal»

da Bergamo

Da 13 anni trascorre le sue giornate all'aeroporto di Orio al Serio. Come nel film di Spielberg The Terminal, anche se la sua è stata un scelta, non la mancanza di alternative. Succede allo scalo di Orio al Serio e il protagonista è un pensionato di 66 anni. La sua storia oggi è finita sul quotidiano locale «L'Eco di Bergamo».
Si chiama Alfredo Lozza, abita a Stezzano, un paesino del Bergamasco, dove in realtà torna solo per dormire. Tutte le mattine alle 9 varca gli ingressi dell'aeroporto e là trascorre le sue giornate, scambiando qualche chiacchiera con il personale, sempre pronto a dare informazioni ai viaggiatori frettolosi, disposto a dare una mano ai turisti in difficoltà. «Mi hanno detto - sorride - che assomiglio al personaggio di un film di Spielberg, The Terminal mi sembra che si chiami, nel quale un turista dell'Est sbarca all'aeroporto di New York ed è costretto a rimanervi perché, nel frattempo, il suo Paese, dov'è avvenuto un colpo di Stato, è stato dichiarato inesistente. A me, però - prosegue - pare un'esagerazione. Qui mi trovo bene, ecco tutto. E trovo qualsiasi cosa di cui possa avere bisogno». Il suo amore per questa vita è nato dopo un momento drammatico. Per anni aveva lavorato nei cantieri edili, poi un intervento chirurgico all'anca l'aveva costretto all'inattività. Erano state settimane difficili, anche per il lento recupero di una vita normale. «Di fronte ai gravi problemi di deambulazione, decisi di ricorrere a due bastoni -. ha raccontato -. Poi mi ricordai che, spesso, negli ospedali, per riabilitare persone in difficoltà usano i cosiddetti “girelli”. E così mi resi conto che i carrelli portabagagli facevano al caso mio. Da allora, qui in aeroporto, unisco l'utile al dilettevole».
Aggrappato al suo carrello, il pensionato di Stezzano da 13 anni si aggira tra i negozi dello scalo, fa qualche acquisto, il giornale e una piccola spesa, chiacchiera con il personale, che ormai lo considera uno di famiglia e lo chiama «lo zio», offre informazioni ai turisti: «Non conosco nessuna lingua straniera - dice - ma ho capito che i gesti bastano e avanzano. Tutti capiscono alla perfezione». Lozza, sguardo semplice e mani grandi di chi ha trascorso una vita a fare lavori pesanti, non è un emarginato. Ha fratelli, numerosi amici. Con loro trascorrerà infatti il giorno di Natale. A Santo Stefano, tuttavia, garantisce che «non mancherà, così come a Capodanno. «Chi mi conosce sa che mi piace stare con quelli che lavorano - ha detto - quando tutti sono in vacanza».
In tredici anni da ospite privilegiato, Lozza ha assistito anche alle profonde trasformazioni della struttura: «All'inizio - ricorda - era più piccola. Transitava poca gente. Adesso, invece, è un continuo via vai. Tanto che, talvolta, me ne vado frastornato». Affezionato dell’aeroporto, ma per nulla amante degli aerei: «Ho volato una sola volta - spiega - per un viaggio in Olanda. Poi mai più.

E non mi spiego neanche tutta la passione di quelli che si fermano alle vetrate a vedere i velivoli decollare. Per carità, a ciascuno il suo. Ma - conclude - io preferisco quattro chiacchiere con gli amici. Qui ne ho tanti: non mi annoio mai».

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