In Algeria tornano i kamikaze, italiano ferito

La Farnesina: «Il nostro connazionale non è grave»

Il più grave dei nove feriti è un tecnico italiano, Elvio Del Fabbro. Lui e i due colleghi francesi viaggiavano scortati dalla gendarmeria algerina. Dovevano essere le prime vittime della nuova offensiva terroristica annunciata 24 ore prima da Ayman Zawahiri, i primi stranieri a venir dilaniati dalle bombe destinate, secondo il numero due di Al Qaida, a liberare il Nord Africa dagli infedeli e aprire la strada al ritorno della dominazione islamica sulla Spagna. Il primo obbiettivo è stato mancato per poco. La bomba umana, innescata dalle parole di Zawahiri, ha colpito in pieno il veicolo dei tecnici stranieri, ma il nostro connazionale, i suoi due colleghi francesi, l’autista algerino e cinque gendarmi della scorta investiti dall’esplosione sono rimasti, fortunatamente, solo feriti. La Farnesina, pur mantenendo il più stretto riserbo sull’identità del tecnico fa capire che non è in pericolo di vita. «Le sue condizioni non sembrano gravi, non ha lesioni serie ed è stato portato ad Algeri per essere curato» riferiscono dal ministero degli Esteri.
Il fallito attentato di Al Qaida si consuma di buon mattino sulla strada che porta alla diga di Koudiat Acerdoune, 75 chilometri a sud est di Algeri. In quel cantiere gestito dalla ditta francese Razel lavorano tecnici italiani e d’oltralpe. Ogni mattina raggiungono il campo scortati dalla gendarmeria. La regione è dai primi anni ’90 una delle più pericolose del paese. Le montagne e i boschi della Cabilia, nonostante le tradizioni laiche degli abitanti, è diventato terreno d’azione prima per i militanti del Gruppo Islamico Armato, poi per quelli del Gruppo Salafista per la Predicazione ed il Combattimento e infine di Al Qaida nella terra del Maghreb. Un unico filo rosso lega la storia di queste formazioni. La cellula algerina di Al Qaida è nata da una costola del «gruppo salafita» formatosi a sua volta dalle ceneri del Gia.
I terroristi chiaramente sorvegliavano da tempo i convogli diretti al cantiere. La macchina del kamikaze s’affaccia al ciglio della strada poco dopo le sette del mattino, evita i veicoli della gendarmeria, s’infila nel convoglio, punta l’unico veicolo civile. «I due mezzi della gendarmeria - racconta un responsabile della società - erano uno davanti e uno dietro all’auto con i lavoratori, ma il kamikaze ha puntato diritto contro gli stranieri». A salvare il tecnico italiano e i suoi colleghi francesi contribuisce la prontezza di riflessi del conducente algerino che evita un impatto diretto. Quello che gli esplode accanto è, come fa capire la rivendicazione di Al Qaida poche ore dopo, un ordigno assai potente. «Othman Abu-Jafar, eroe votato al martirio si è lanciato a bordo di un veicolo Mazda imbottito con più di 250 kg di esplosivo contro i crociati francesi» annuncia un messaggio audio diffuso dalla televisione Al Arabiya. L’elemento più impressionante per gli esperti è il coordinamento tra l’ordine di Al Zawahiri e la realizzazione dell’attentato. Il numero due di Al Qaida sembra perfettamente al corrente delle operazioni in corso nella galassia di Al Qaida, costantemente aggiornato anche da scenari distanti come quello algerino, in grado di impartire ordini realizzabili nelle successive 24 ore. I servizi segreti francesi hanno, infatti, preso molto sul serio le sue parole ed hanno già ordinato l’evacuazione dei connazionali residenti nella capitale algerina.
Le autorità nonostante la lunga esperienza nella lotta al terrorismo sembrano invece prese in contropiede dall’offensiva della cellula di Al Qaida nata all’inizio dell’anno da una scissione del «Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento».

Dopo gli attentati ad Algeri agli inizi d’aprile costati 33 vittime Al Qaida Maghreb ha colpito il 6 settembre scorso la scorta del presidente Abdelaziz Bouteflika uccidendo 22 persone ed è riuscita – il giorno dopo - ad infilare un giovanissimo attentatore suicida in una caserma della guardia costiera di Dellys massacrando 30 persone.

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