Ali Agca, da terrorista a star Una tv Usa gli offre 2 milioni

È ufficiale: nel mondo dell’informazione stiamo perdendo la trebisonda. La prova, nel caso ci fosse bisogno di un’altra prova, è nei due milioni di dollari che una televisione americana sarebbe pronta a versare ad Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, in cambio di un’intervista esclusiva. Intervista da realizzarsi ancora prima dello spirare di gennaio, giacché l’uscita dal carcere dell’assassino dalla faccia di cenere, come si sa da tempo, è prevista per il 18 di quel mese.
L’unico personaggio pubblico a protestare - soldi a palate e la ribalta della tv a un assassino? - è stato finora Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. Ma coltiviamo una certa speranza che il parterre si allarghi, fino a coinvolgere gli stessi presunti fruitori di un’intervista di cui, anche sotto il profilo squisitamente storico cronachistico, nessuno sente la necessità. Ma siamo troppo vecchi del mestiere per non sapere che più clamore si solleva intorno all’avvenimento, più questo stesso diventerà necessario, appetibile, «atteso». Dunque coraggio: rassegniamoci.
Anche se, 28 anni dopo l’attentato di piazza San Pietro e la tromba d’aria di carte giudiziarie, rivelazioni e controrivelazioni che quella vicenda produsse, tra Kgb e piste bulgare, non si capisce bene quale altra verità possa saltar fuori dalla testa di un uomo mentalmente fracassato da quasi trent’anni di carcere.
Uomo di cinquantun anni, oltre metà dei quali trascorsi in una cella, l’ex «lupo grigio» Ali Agca è attualmente detenuto in Turchia per l’omicidio di Abdi Ipecki, giornalista e direttore del quotidiano liberale Milliyet, ammazzato il primo febbraio 1979. Dice Agca che la Turchia non gli piace più; e che il suo sogno, stando almeno a quel che se ne legge su Repubblica, che si è occupata di lui, è di tornare a Roma, la città che ne ha segnato il destino. E la prima cosa da uomo libero che il grande pentito vorrebbe fare sapete qual è? Ma sì, vuole andare in pellegrinaggio sulla tomba di Karol Wojtyla, che già nel 1983 lo incontrò in carcere e lo perdonò per l’attentato.
Fu a Roma, il 13 maggio 1981, che il nome di Ali Agca entrò nella storia. Ricorderete la sua mano che impugnava una pistola, protesa sulla testa dei fedeli, puntata contro la bianca figura di papa Wojtyla. E poi il papa accasciato, colpito da due colpi di pistola. Ali che cerca di scappare, la pistola che gli sfugge di mano, la cattura ancor prima che riesca a lasciare il colonnato. Una storia che era già vecchia come il cucco nel 2000, quando Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica, graziò l’attentatore dopo 19 anni di carcere.
Tradotto in Turchia, dove doveva scontare la condanna (all’ergastolo inizialmente, pena poi commutata in dieci anni), Ali Agca viene scarcerato il 12 gennaio 2006. Ma c’era stato un errore nel calcolo della pena. Otto giorni dopo eccolo di nuovo in gattabuia. Fino al 18 gennaio 2010, dice il pallottoliere turco; data in cui il lupo ormai assai ingrigito riguadagnerà definitivamente la libertà. E se le cose andranno nel verso giusto, anche una montagna di palanche.
Sempre che la protesta innescata da Gasparri sulla «degenerazione del sistema dell’informazione a livello mondiale» non si allarghi, e non è detto. «Arricchire i criminali è una vergogna - dice Gasparri -. È bene fare luce su questo scandalo affinché questa televisione, a qualsiasi nazione appartenga, venga boicottata in ogni modo.

La degenerazione del mercato non può portare ad un orrore di questa portata. Terroristi e assassini devono tacere, non diventare ricche star». Questo, almeno, è quel che dovrebbe accadere in un mondo normale. Ma anche qui, non è detto.

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