Milano - Alla fine i dati sul bilancio Alitalia di fine 2006 sono arrivati. E sono in linea con le peggiori aspettative: la compagnia ha perso 380 milioni di euro, più di un milione al giorno. Rispetto al budget fatto approvare da Giancarlo Cimoli esattamente un anno fa lo scostamento è di ben 364 milioni. In pratica nessuna delle previsioni fatte è stata rispettata: i ricavi sono inferiori di 122 milioni (colpa di scioperi ma anche della concorrenza delle low cost, spiega l’azienda); i costi per il carburante si sono rivelati più alti di 42 milioni (si sa, il prezzo del petrolio); le spese per il personale sono state più alte di 60 milioni («mancata implementazione dei progetti di efficientamento del costo del lavoro», dice la nota della compagnia in un improbabile italiano).
Risultato: il piano industriale per gli anni 2005-2008 «è superato nei suoi target e, pertanto, non attuabile». Non basta: in dicembre sono anche scesi i passeggeri (-4,5% rispetto a dicembre 2005), soprattutto a causa dello sciopero di metà mese. Unica nota, diciamo così, positiva: la liquidità a disposizione, quella dell’ultimo aumento di capitale, garantisce la continuità aziendale per ben più di 12 mesi.
Insomma, un disastro. E si spiega così lo scarso entusiasmo con cui i conti sono stati presentati. Dovevano essere esaminati dal cda del 19 gennaio. Le provvidenziali dimissioni del numero uno di Air France Jean Cyril Spinetta (ora nel cda sono rimasti in due) fecero saltare la riunione. Venerdì è dovuta intervenire la Consob per chiedere che fossero resi pubblici. Quanto a Cimoli le previsioni di bilancio in utile fatte in gennaio erano già saltate in maggio, in occasione dell’approvazione delle prima trimestrale. E la marcia indietro è proseguita fino all’autunno, quando il numero uno della compagnia ha dovuto ammettere la propria impotenza: «Allo stato attuale Alitalia non è in grado di generare redditività neppure per il capitale già investito».
Non esattamente il miglior viatico per la scadenza della prima fase della gara di privatizzazione. Oggi entro le 18 gli interessati alla quota messa in vendita dal Tesoro dovranno far pervenire all’advisor Merrill Lynch le proprie offerte. L’unico a parlare chiaro è stato quello che ha meno probabilità di vittoria, l’imprenditore milanese Paolo Alazraki: lui ci sarà, ha detto. E per far capire che fa sul serio ha già presentato ai sindacati (con successo modesto) il proprio piano industriale. Per il resto la gara è soprattutto a non scoprire le carte. Ai nastri di partenza dovrebbero comunque presentarsi l’AirOne di Carlo Toto con l’appoggio di Intesa Sanpaolo e dietro il quale potrebbe fare in un secondo tempo capolino la Lufthansa, che di Toto è partner. Di sicuro ci sarà anche un fondo di investimento Usa, il Texas Pacific Group. Non dovrebbe mancare nemmeno Management & Capitali, la società salva imprese creata da Carlo De Benedetti.
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