Roma - Il peso dell’isolamento e delle pressioni, giunte in maniera sempre più energica anche dall’interno del suo partito, il Pd, alla fine ha avuto la meglio. E ha costretto il capo della Cgil alla retromarcia.
«Non sono il signornò», giura Guglielmo Epifani in tv, ospite di Lucia Annunziata a «In mezz’ora». «Su di noi si è scritto di tutto ma non il vero», lamenta accorato, mostrando di aver sofferto eccome quel «linciaggio del sindacato», come lo definisce D’Alema, che la Cgil si è attirata addosso dopo aver fatto saltare il tavolo con Cai. Ora però, annuncia Epifani, a quel tavolo è pronto a ritornare, se la trattativa non è più gestita dal governo dell’odiato Berlusconi, ma dal commissario straordinario (nominato dal governo). Augusto Fantozzi proprio ieri ha reso noto che solleciterà pubblicamente eventuali altri acquirenti. Un atto puramente dovuto, spiegano dal governo e ammette anche Epifani. Ma tanto basta al capo Cgil per dire che «c’è un fatto nuovo e positivo», e che si può ricominciare a discutere: «Il fallimento sarebbe un dramma. Se Fantozzi prende in mano la trattativa può aprirsi uno spiraglio interessante per uscire da questo stallo, e noi ci risiederemo al tavolo».
Nega con veemenza, Epifani, che dietro il suo «niet» (arrivato a ciel sereno dopo che la Cgil aveva già firmato piano industriale e documento sul nuovo contratto) ci siano ragioni politiche: «Per noi Alitalia è e resta una vertenza. E per quanto può essere stata vestita da altri di una valenza politica, per noi resta una questione di accordo sul merito», giura. Nessun gioco di sponda tra lui e il leader del Pd Walter Veltroni, insomma, e Epifani si indigna per le insinuazioni secondo cui per lui c’è in ballo un futuro in politica, a cominciare dalla candidatura alle europee. Già, perché il sospetto che aleggia sulle sue scelte, e sul segretario del Pd (tornato ieri sera da New York) è proprio quella di aver giocato di sponda per impedire al Cavaliere di incassare l’accordo su Alitalia, una vittoria dopo la quale «lo farebbero santo subito, e noi avremmo chiuso per tre lustri», come ironizza il Pd Enzo Carra. Mentre una crisi su Alitalia innescherebbe un “autunno caldo” capace di rianimare il Pd e la sua campagna «Salva l’Italia» che culminerà nella manifestazione del 15 ottobre, e di arrivare con più fiato alle prossime scadenze elettorali, dall’Abruzzo alle europee. Smentisce con decisione questi sospetti un veltroniano di prima fila come Giorgio Tonini: «Non abbiamo mai giocato al tanto peggio tanto meglio, anzi», assicura. E contrattacca: «Il governo voleva che il sindacato uscisse a mani alzate dalla trattativa», e «punta a dividerlo e a isolare la Cgil».
Il dubbio però rimane, anche dentro lo stesso partito di opposizione. Dove in molti, negli ultimi giorni, si sono dati da fare per far riaprire una partita che stava precipitando, e per far tornare sui passi un Epifani che, sospirava un illustre esponente Pd, è sembrato «quantomeno confuso». Da un lato Francesco Rutelli, forte di «ottime relazioni», dicono i suoi, sia con Gianni Letta che con l’ex Margherita Fantozzi, dall’altro Pierluigi Bersani che teneva i contatti con Epifani, che andava «fatto uscire dall’isolamento» in cui si era cacciato offrendo al governo Berlusconi, come accusava Enrico Letta, «un alibi perfetto per scaricare la colpa della sconfitta Alitalia su Cgil e sinistra».
E poi anche Massimo D’Alema, convinto che il Pd non possa stare sulle barricate e tagliarsi fuori da una gigantesca partita economica come quella che si apre con Alitalia, ma se mai deve puntare ad allargarla e ad entrarci. E ieri sera Rutelli invitava a «far cadere tutte le barriere tra maggioranza e opposizione» e a lavorare insieme per il bene di Alitalia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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