All’Auditorium Messiaen e il Quartetto apocalittico

Questa sera, Santa Cecilia, per la ripresa dell’attività concertistica, propone uno dei brani più suggestivi della produzione cameristica del Novecento, il «Quatuor pour la fin du temps» (Quartetto per la fine del tempo) di Olivier Messiaen, a cento anni dalla nascita (1908). Cosa abbia da spartire un «quartetto» di musica purissima, dalla scrittura assai raffinata, con «la fine del tempo» del titolo, ispirato alla grandiosa visione dall’Apocalisse giovannea, lo spiega l’autore medesimo, la cui produzione - caso unico nel Novecento - sgorga sincera dalla sua fede religiosa. Messiaen si riferisce all’Apocalisse che recita: «vidi un angelo possente discendere dal cielo, avvolto nella nebbia, attorno alla testa aveva un arcobaleno. Il suo volto era come il sole, i suoi piedi come pilastri di fuoco. Pose il piede destro sul mare, il sinistro sulla terra e, in piedi fra mare e terra, alzò la mano verso il cielo e giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli, dicendo: Il tempo non esisterà più, ma il giorno della tromba del settimo anno, il mistero di Dio sarà consumato». Sul riferimento alla «fine del tempo», come fonte di ispirazione, Messiaen scrive: «nei momenti di totale abiezione tornano le idee forti che danno senso alla vita: il testo di Giovanni riassume ed esprime tutto ciò che io spero, ciò che ho amato e che continuo ad amare». E nelle didascalie, seminate a mò di epigrafi, prima di ciascuno degli otto movimenti, dai titoli davvero singolari (Liturgia di cristallo - Vocalizzo per l’Angelo che annuncia la fine dei tempi - Abisso degli uccelli - Intermezzo - Lode all’eternità di Gesù - Danza furiosa per le sette trombe - Vortice di arcobaleni per l’Angelo che annuncia la fine del tempo - Lode all’immortalità di Gesù) specificano il pensiero dell’autore. Sulle circostanze della composizione e della prima esecuzione del quartetto, Messiaen racconta: «concepito e scritto durante la mia prigionia (il musicista, catturato dai tedeschi, fu imprigionato nel campo di concentramento di Gorlitz), venne eseguito la prima volta il 15 gennaio 1941, nello Stalag 8-A del campo sommerso dalla neve».

Al piano verticale lo stesso Messiaen, affiancato da altri tre strumentisti, prigionieri del campo, che suonarono su strumenti di fortuna. Interpreti: Alessandro Carbonare (clarinetto), Carlo Maria Parazzoli (violino), Gabriele Geminiani (violoncello), Andrea Dindo (piano). Auditorium. Sala Sinopoli. ore 20.30.

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