Roma - Si può fare lo sciopero della fame pur avendo uno stipendio che assomiglia a quello di un funzionario della Banca d’Italia? Questa domanda assurda, purtroppo, ha una risposta affermativa perché all’Agcom, l’Authority per le Comunicazioni, anche sindacati «responsabili » come Cisl, Uil, Confsal e Cisal hanno indetto uno sciopero della fame per protestare contro le decisioni del consiglio presieduto da Corrado Calabrò. A far scattare su tutte le furie i rappresentanti dei lavoratori è stata l’applicazione della legge Brunetta. La normativa prevede la revoca per tutto il comparto della P.A. degli accordi sindacali che si occupano di organizzazione e gestione, assegnando queste funzioni all’esclusiva responsabilità dei vertici e sottraendole alla contrattazione sindacale.
Tre sindacalisti hanno deciso perciò di intraprendere questa estrema forma di protesta sollevando un problema di «trasparenza» e di «legittimità », rimarcando la sempre minore importanza data alla sede di Napoli dell’Authority ( ormai pleonastica) e anche il contingentamento dei servizi di pulizia e di portineria. «Un’istituzione che viene ricordata forse soltanto quando si scopre che un commissario è corrotto o quando la par condicio risente di qualche carenza», ha rilevato in un comunicato il sindacato Uilca-Uil che a breve dovrebbe essere querelato dall’ex commissario Innocenzi (intercettato dalla Procura di Trani) tirato in ballo da queste temerarie affermazioni. Sindacati che sono corsi a mettersi subito sotto tutela politica giacché il deputato Idv Paladini è subito corso a far visita agli scioperanti a Roma, mentre a Napoli il neosindaco Giggino «’a manetta »De Magistris ha inviato l’assessore al Lavoro Esposito a manifestare solidarietà.
Ecco perché solo la forza dei numeri può spiegare l’insensatezza di questa sceneggiata. L’ultimo bilancio Agcom rivela che le spese complessive per il personale nel 2010 sono state pari a 48,4 milioni di euro divisi tra 350 unità di personale con un costo pro capite di circa 138mila euro. Niente male considerato che si tratta di uno stipendio da direttore generale di una media azienda. Merito dell’estensione alle Authority dei trattamenti economici di Bankitalia. Salari che sfiorano i 100mila euro per il personale operativo con maggiore anzianità fino a 150mila euro per i funzionari e 200mila per i dirigenti. Il presidente Calabrò e gli otto commissari guadagnano rispettivamente 475mila e 396mila euro, tagli di Tremonti inclusi. I dati sulla trasparenza (voluti da Brunetta) mettono in evidenza che in Agcom operano 11 autisti dipendenti a un costo totale di 1.010.431 euro, circa 91mila euro pro capite. Niente male. Di che cosa si sta parlando, perciò? Del mantenimento di prerogative sindacali, una battaglia che «cozza » con lo scenario di crisi con il quale si confronta l’Agcom. Che, ricordiamolo, vive grazie ai 63,3 milioni di contributi degli operatori del settore media e tlc. Inclusa quella Telecom Italia dove 30mila dipendenti hanno scelto malvolentieri il contratto di solidarietà per evitare 6mila licenziamenti. Non si tratta nemmeno di una battaglia per i dipendenti pubblici in genere.
Al di là degli aumenti retributivi più che proporzionali all’inflazione negli ultimi anni, ci sono settori della P.A. che non possono vantare certo stipendi d’oro, come i 22mila euro di alcuni dipendenti ministeriali o del settore università.
Né si tratta dei 65mila precari della scuola salvati dal decreto sviluppo. È una battaglia di retroguardia per difendere l’autoreferenzialità del sindacato. Forse lo sciopero della fame si poteva evitare. Si sarebbe fatta una figura migliore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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