RomaPer i conti pubblici scatta la sirena dallarme. Nei primi tre mesi di questanno il deficit è schizzato fino all8% del Pil, il dato peggiore dal primo trimestre del 2009.
Sono molte le cifre negative rese note dallIstat: il saldo primario, ovvero lindebitamento al netto degli interessi sul debito pubblico, è risultato negativo in misura pari al 3% del Pil. Le uscite totali sono aumentate dell1,3%, mentre le entrate sono diminuite dell1%. Un quadro davvero poco prometente alla vigilia del Consiglio dei ministri che, nel pomeriggio di oggi, si riunisce per varare il provvedimento sulla spending review. Lobiettivo di un deficit all1,7% a fine anno è a rischio.
Bisogna subito dire che, tradizionalmente, il primo trimestre è il peggiore dellanno: infatti nel 2011 il rapporto deficit-Pil sera attestato al 7%. Il peggioramento comunque cè, e deriva fondamentalmente da due fattori: laumento della spesa per interessi sui titoli di Stato (insomma, il tanto evocato effetto spread); il calo delle entrate causato dallandamento negativo delleconomia reale. Due cause di tensione che non sono state ancora rimosse né limitate. Lo spread con i titoli tedeschi resta saldamente sopra i 400 punti base, mentre leconomia peggiora mese dopo mese. Non si vede come queste tendenze possano essere frenate.
Lobiettivo di un disavanzo dell1,7% è stato indicato dal governo in base a uneconomia stimata in discesa dell1,2%. Ma oggi le ultime previsioni del Centro studi della Confindustria parlano di un calo doppio, pari al 2,4%. Questa profonda recessione comporta non soltanto una riduzione delle entrate fiscali, ma un effetto matematico inevitabile di aumento del rapporto fra deficit e Pil. Lultima pennellata di questo quadro già fosco è rappresentata dalle spese per il terremoto che ha colpito lEmilia. Mentre laggiunta di 55mila esodati da «salvare», in aggiunta ai 65mila già salvaguardati, avrà effetti sui bilanci dei prossimi anni. E così, così come è a forte rischio lobiettivo 2012 per i conti pubblici, è in bilico il raggiungimento del pareggio di bilancio promesso allUnione europea per il 2013.
La zona euro, conferma Eurostat, è in piena stagnazione: nel primo trimestre 2012 la crescita è stata pari a zero. Per vedere qualcosa di simile a una ripresina, nellintera aerea a moneta unica, sarà necessario aspettare linverno. Le stime dei principali centri di ricerca europei (Ifo, Insee, Istat) parlano di un timido +0,1% nel quarto trimestre dellanno.
I costi della recessione potranno essere calcolati solo alla fine di questa lunga crisi. Ma nel nostro Paese gli effetti della tempesta sono stati particolarmente pesanti a causa della frammentazione del tessuto produttivo. Il numero di fallimenti negli ultimi tre anni (2009-2011) è aumentato in misura vertiginosa: secondo il Censis sono state 33mila le procedure di fallimento avviate, riguardanti in gran parte piccole e piccolissime imprese. Rispetto al 2008, il saldo fra apertura e chiusura di aziende è negativo: mancano allappello oltre 13mila imprese, mentre su ogni cento aziende costituite nel 2006 sono ancora operative soltanto 58.
Oltre il 70% delle piccole imprese ha gravi difficoltà nel recupero di crediti commerciali, e oltre il 50% ha problemi di finanziamento da parte delle banche.
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