Alle nostre scuole non basta un po’ di lifting

La tragedia di Rivoli, con il crollo del soffitto della scuola, è una tragedia italiana. Se pensiamo che in Lombardia esistono 8927 scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, sulle 57mila dell'intero Paese, (ogni giorno sono più di dieci milioni le persone che lavorano e studiano nelle nostre scuole) ci si può facilmente rendere conto di quali sono i pericoli cui vanno incontro i nostri studenti e insegnanti, che hanno poi il privilegio di non godere della legge 626, quella della sicurezza nei luoghi di lavoro, come se nella scuola nessuno vi lavorasse. Una situazione incredibile, che definire «all'italiana» è poca cosa. Se andate a leggere regolamenti, circolari e decreti, ci si occupa solo degli incendi e delle vie di fuga, delle facilitazioni per i disabili, dell'igiene.
Ma quando si vanno a verificare le certificazioni all'agibilità statica ci si accorge che la media nazionale di queste supera di poco il 40%. Questa incivile situazione ci fa poi ricordare poi come il 5% delle scuole è stato costruito prima del '900, il 12,6% tra il '900 e il '40. Complessivamente gli istituti scolastici costruiti prima del '65 costituiscono il 44,7% del complesso, quelli eretti tra il '65 e il '90 ben il 50,9% e tra il '90 e il 2000 appena il 4,4%. Non parliamo poi di agibilità sanitaria perché il 57% degli edifici ne è privo, con punte che arrivano fino all'81% in Sardegna. Ci sarà certamente chi contesterà questi dati, giocando sull'esattezza degli anni, dei numeri e quant'altro, ma ciò che qui è riportato è un quadro che parla da solo. L'edilizia scolastica ha regole ben precise e serie che ogni architetto o ingegnere o geometra ben conosce.

La tragedia di Rivoli sta a dimostrare come il Paese dovrebbe impiegare parte del denaro disponibile in maniera razionale, dando precedenza a ciò che davvero ne ha, rimandando a tempi migliori o più lunghi quei miliardi che oggi ritroviamo in tante iniziative di facciata.

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