Gli alleati di Prodi che «votano» per Lukashenko

Gli alleati di Prodi che «votano» per Lukashenko

Massimo Introvigne

A leggere la stampa italiana sembra che almeno su un tema di politica estera ci sia un certo accordo bipartisan: tutti concordano nel sostenere che la presenza nel cuore dell’Europa di una delle ultime dittature neo-comuniste, quella bielorussa del presidente Lukashenko appena riconfermato al potere da elezioni-farsa, rappresenta una grave ferita alla democrazia. Tutti? Non proprio. Anche in Italia ci sono nipotini di Lukashenko che esultano per la sua «vittoria» elettorale. Leggiamo per esempio questo testo edificante: «Il popolo bielorusso si è pronunciato per la continuità dell’originale esperienza di governo, inaugurata da Lukashenko una dozzina di anni fa. I cittadini della Repubblica di Belarus hanno scelto la via del controllo pubblico delle risorse strategiche del Paese e del rifiuto della dipendenza coloniale dall'Occidente. Hanno scelto di sbarrare la strada all’espansione della Nato fino alle porte di Mosca. Hanno scelto di proseguire spediti nella direzione della riunificazione politica ed economica dello spazio post-sovietico. È un dato difficilmente contestabile da chiunque guardi alla Bielorussia con un minimo di obiettività. Sappiamo bene, però, che l’imperialismo non mollerà la presa tanto facilmente su un Paese che così ostinatamente cerca di resistergli. Invitiamo tutti i militanti antimperialisti e del movimento per la pace ad esprimere la propria solidarietà con la scelta democratica dei cittadini della Repubblica di Belarus, ad esigere il rispetto del verdetto espresso dalle urne e a rintuzzare, con un opportuno lavoro di controinformazione, tutte le provocazioni». Di che si tratta? È un comunicato stampa dell’ambasciata della Bielorussia? No: è un testo della rivista Nuove resistenze, organo di un movimento chiamato «Nuovi partigiani della pace» che ha sede a Torino e organizza manifestazioni di piazza dove sventolano fianco a fianco le bandiere della Bielorussia, della Siria, di Cuba, della «resistenza» irakena, del Venezuela di Chavez e della Corea del Nord.
Quattro gatti? Certo non si tratta - per fortuna - di un movimento di massa, ma è pur sempre una lobby di qualche centinaio di persone che intende influenzare la sinistra perché si schieri più decisamente a favore dei paesi «amici», per cui costituisce associazioni «mirate». Sta organizzando una «Associazione di Solidarietà con la Repubblica di Belarus», cioè con la dittatura di Lukashenko, così come già esiste un «Comitato per la pace e la riunificazione della Corea», cioè di sostegno al sanguinario regime comunista della Corea del Nord.
Tra i promotori e i primi aderenti dei «Nuovi partigiani della pace» troviamo tredici esponenti di Rifondazione comunista identificati come tali e tre (ma di peso: tutti membri del Comitato Centrale) dei Comunisti italiani. Si tratta certo di deviazioni, colpite duramente almeno dal «moderato» Bertinotti? Niente affatto: troviamo due dei «partigiani della pace», Tommaso D'Elia e Nadia Marabese, candidati alla Camera nel collegio Piemonte 1 nelle liste di Rifondazione Comunista.


Sapevamo già che nella variopinta coalizione che sostiene Romano Prodi si candidavano amici dei terroristi iracheni, degli Hezbollah (visitati in pio pellegrinaggio da Diliberto) e dei Centri sociali. Adesso sappiamo che ci sono anche i sostenitori «senza se e senza ma» di Lukashenko, il che dovrebbe mostrare - ma non succederà - ai vari Rutelli e Mastella con quale bella compagnia Prodi li costringe a viaggiare.

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