Allenatori: 12 pagati per restarsene a casa

Nonostante la crisi le nostre società di A e B buttano 15 milioni di euro l’anno per pagare tecnici esonerati. Fermato anche Donadoni, ma il suo stipendio correrà fino al 2011

Allenatori: 12 pagati 
per restarsene a casa

Roberto Donadoni è il dodicesimo uomo. La squadra dei fannulloni della panchina. Loro malgrado. Pagati per non lavorare, stipendiati per guardare, salariati per stare a casa. Un capriccio da un milione di euro, quello di Donadoni. Il Napoli vuol tagliare l’ex ct della nazionale che l’anno scorso aveva firmato un triennale da tre milioni complessivi. La crisi? Il pallone piange miseria, ma quando deve accontentare le voglie di cambiare dei presidenti se ne fotte. Non si fa mercato, magari.

Non si comprano giocatori, per esempio. Però nessuno resiste alla tentazione dell’esonero costoso e spesso improduttivo. Non è il caso del Napoli, ovvio. Perché il Napoli i soldi per la squadra li ha spesi anche quest’anno, però non si fa neanche uno scrupolo all’idea di lasciar andare Donadoni sapendo di doverlo pagare fino al 2011. Si spera nella fortuna e nella capacità di riciclo degli allenatori. Al Napoli è successo: Reja, trombato per far posto proprio a Donadoni, ha trovato una panchina a Spalato e quindi ha lasciato il buon contratto che lo legava al Napoli. Quello che volevano facesse Roberto Mancini. Cioè il capo degli allenatori fannulloni incolpevoli. Otto milioni a stagione fino al 2011.

Otto milioni, cioè più della metà del totale dello spreco che le squadre di A e B lasciano andare per il gusto o la necessità di cambiare panchina. L’avrebbe voluto De Laurentiis, Mancini. Invece resterà ancora a guardare, a controllare il bonifico mensile che l’Inter gli versa nonostante non lavori. Triste il Mancio stanco di non fare niente, stanco anche Moratti che con quei soldi potrebbe comprare un altro giocatore. Il gioco simile a quello di Reja è riuscito al Chievo che stipendiava Giuseppe Iachini, ma s’è tolta il peso ora che l’ex centrocampista della Fiorentina ha preso la panchina del Brescia. Ecco, un’altra che pagherà uno per guardare: Corioni continuerà ad avere come dipendente Alberto Cavasin, che gli costa qualche centinaio di migliaia di euro ogni anno. Costa anche Nedo Sonetti, silurato l’anno scorso alla vigilia dei play-off promozione. Uno al prezzo di tre, insomma. Un allenatore e tre stipendi. Vale anche per il Bologna: a Sinisa Mihajlovic stacca assegni mensili per un totale di quattrocentomila euro, però paga anche Daniele Arrigoni che aveva lasciato il posto al serbo.

Non si bada a spese, mai. Non lo fa l’Atalanta che aveva puntato tutto su Angelo Gregucci, salvo poi decidere di farlo fuori per Antonio Conte, uno che non si accontenta di noccioline. Si accontenta, invece, Emiliano Mondonico all’AlbinoLeffe che però continuerà a versare lo stipendio fino alla fine della stagione anche ad Armando Madonna. In B paga a doppio anche il Lecce: fatto fuori Mario Beretta l’anno scorso in favore di Gigi De Canio. Speravano tutti che l’ex nemico lessicale di Mourinho, chiamato Barnetta per mezzo campionato, trovasse una sistemazione: invece niente. Il Lecce paga, senza sconti. Così come deve fare la Reggina sia con Bepi Pillon, sia con Nevio Orlandi. Spreco o capriccio, non si capisce mai quale sia la differenza.

Fino a pochi anni fa licenziare senza pensare agli stipendi da pagare lo stesso era una cosa da presidenti matti: Gaucci, Cellino, Zamparini. Il primo ora non esiste più, gli altri due si sono calmati. Tocca agli altri.

Tredici milioni di euro bruciati senza senso, poi arriverà qualcun altro e allora la cifra arriverà a quindici milioni, forse di più: dicono rischi Giampaolo, Atzori, Ruotolo. Ecco, Ruotolo non potrebbe nemmeno allenare. Allora c’è Russo. Se licenziano uno va via anche l’altro. Fannulloni loro malgrado al quadrato. La crisi? Be’ tanto quella è già finita.

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