«Allontanare i fratellini? Forse eccessivo»

«Non abbiamo certo tolto i piccoli alla famiglia solo sulla base di un disegno»

da Milano

«Sbagliare è sempre possibile. Ma ogni nostra decisione è stata presa in buona fede e con l’obiettivo di tutelare i bambini». A mezzogiorno di ieri Marina Caroselli, presidente del Tribunale dei minori di Milano, firma il provvedimento che restituisce alla sua famiglia A., tredici anni, il bambino di Basiglio che il 14 marzo era stato tolto alla famiglia insieme a G. sua sorella, nove anni. La bambina era tornata a casa già la settimana scorsa, dopo una perizia grafica che escludeva che fosse lei l’autrice del disegno pornografico trovato dalla maestra sotto il suo banco, e da cui prende il via tutta questa vicenda: «G. tutte le domeniche fa sesso con suo fratello». Poco dopo la dottoressa Caroselli accetta di rispondere ad alcune domande.
Dopo la bambina, torna a casa anche il fratello. Sembra l’ammissione che vi siete sbagliati.
«Se si prende per buono quel che dice in giro l’avvocato si può avere questa sensazione. Ma la vicenda è più complessa. I due bambini tornano a casa, certo, ma per noi il caso non è chiuso. Bisogna capire cosa è accaduto davvero. Se potessi raccontare cosa c’è nel fascicolo processuale si capirebbe da dove nascono le nostre preoccupazioni».
Nel fascicolo si vede chiaramente che il pubblico ministero dà il via libera all’allontanamento dei bambini senza fare alcuna verifica, prendendo per buono il racconto della preside che dice: il disegno l’ha fatto G.
«Sia chiaro che l’allontanamento è arrivato per una scelta precisa del servizio sociale del Comune di Basiglio, cui compete in prima battuta l’obbligo della tutela dei minori. Si è agito con prudenza, eccessiva o no non lo so, avendo in mente solo questo obiettivo. E il pubblico ministero non aveva neanche il dovere di rilasciare quel nulla osta, perché la legge dice chiaramente che a operare sono gli enti locali».
Però, quattro giorni dopo, il suo Tribunale ha confermato l’allontanamento.
«Noi ci siamo trovati in una situazione già avviata, in cui l'unica certezza era che non si potessero trattare i bambini come palline da ping pong. Cosa dovevamo fare, ridarli alla famiglia e poi, se gli accertamenti confermavano i sospetti, riportarli via un’altra volta?».
Così avete preso per buono che a fare il disegno fosse stata G.
«Ma non scherziamo! Lei crede che si tolgano due bambini alla famiglia per un disegno? Chi sia l’autore del disegno non è il tema centrale di questa vicenda. Quel disegno rappresenta un fatto. E il tema centrale è: le cose descritte in quel disegno sono avvenute o no? Io nei dettagli non posso entrare. Ma se noi, lo dico per ipotesi, avessimo trovato conferme, se il fatto fosse stato ammesso, non sarebbe questo un motivo sufficiente per giustificare l’allarme, a prescindere da chi fosse l’autore?».
Ma parliamo di una bambina di nove anni e di un bambino di tredici. Una fase in cui il confine tra fantasie e realtà è blando.
«Siamo i primi a saperlo. E aggiungo che, anche se i fatti fossero veri, nessuno vuole punire nessuno, entrambi i bambini vanno solo tutelati. Ma per farlo dobbiamo capire cosa è successo, e per questo abbiamo confermato l’allontanamento. È stato un eccesso di prudenza? Può darsi. Ma accusarci di malafede è inaccettabile».
Lei dice che non è rilevante chi sia l’autore dei disegni. Ma appena è arrivata la perizia avete rimandato i bambini a casa.
«Il dubbio sull’autore c’è sempre stato. I bambini sono stati rimandati a casa soprattutto perché ormai il clamore sollevato sulla vicenda impediva che si potesse lavorare serenamente fin quando erano in comunità. Ormai anche nella nuova scuola i compagni di classe andavano da A. e gli dicevano: ho letto la tua storia sul giornale. Chi ha trasformato questa vicenda in un caso mediatico si è preso la responsabilità di aggiungere sofferenza a sofferenza».
Due mesi strappati da casa, in attesa delle perizie. Si poteva essere più rapidi.
«Noi ci siamo mossi subito.

Ma ci sono tempi dilatati dalla burocrazia delle notifiche, degli avvisi alle parti, della assegnazione degli incarichi. Noi non siamo dei pazzi, sappiamo quanto soffrissero i bambini e i loro genitori. Ma una perizia grafica così veloce non si era mai vista in Italia».

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