Alonso: «E ora voglio portare la McLaren dal niente al titolo»

«Sto facendo come Schumi quando andò alla Ferrari. Sarebbe bello se, come lui, vincessi altri 5 mondiali»

nostro inviato a Valencia
Il Cirque du Soleil, Valencia, la Ciudad de las artes y las Ciencias, palazzoni avveniristici, un ristorante immerso nell’acquario dove si parla con i piloti mentre centinaia di pesci sguazzano lungo le pareti trasparenti e sembrano ascoltarti, il tutto mentre Ron Dennis, patron del team McLaren, pianifica gli ultimi dettagli dell’operazione simpatia. «Perché – dice - lo scorso anno abbiamo commissionato un’indagine sulla percezione che la gente aveva del nostro team; abbiamo così scoperto che ci reputano grintosi, competitivi, preparati, ma freddi. Da qui la voglia di aprirci e cambiare, la voglia di diventare un team che realizza i sogni». Ecco spiegato il perché di questa presentazione spettacolare.
Da Valencia, dai milioni spesi per il lancio in pompa magna e da Fernando Alonso padrone di casa, parte infatti la riscossa d’immagine e risultati della McLaren-Mercedes. Ogni particolare è stato curato nel dettaglio compreso lo show serale con Alonso e l’altro pilota ufficiale, Lewis Hamilton, a sfidarsi lungo i quattro km del circuito cittadino creato attorno alla Ciudad, per la gioia di 150mila appassionati in delirio. Poi, ecco la Mp4-22, l’ultima nata, la McLaren-Mercedes che torna un po’ rossa grazie allo sponsor telefonico emigrato dalla Ferrari. L’auto della resurrezione. Almeno questo spera patron Dennis e di questo è convinto l’uomo della missione possibile: Alonso. Abito elegante color crema, capello tagliato corto corto «ma non perché me l’ha ordinato il team, l’avevo fatto anche lo scorso anno, perché sono scaramantico, mi ha portato bene una volta...» dice dopo aver stretto la mano ai giornalisti italiani, «buon anno, buon anno a tutti...» ripete.
Fernando, sente che potrà essere davvero un buon anno anche per lei: punta subito al mondiale?
«Sì, sarebbe assurdo, con due titoli in tasca, dire che spero in qualche podio o vittoria. Anche perché ritengo di aver cambiato team nel momento ideale. Certo, restano dubbi e incertezze su come sarà la stagione, ma il mio obiettivo è sempre lo stesso: essere il migliore».
Sembra davvero in forma.
«E lo sono: dopo i festeggiamenti e la pausa, riprendo con una grande voglia di correre e provare subito... avverto sensazioni simili a quando iniziai la mia carriera. Qui è tutto così nuovo, così diverso: e mi sembra davvero che ogni cosa vada a meraviglia, mi sento coccolato, si sta bene, non sembra neppure la McLaren, non sono mai stato così a mio agio, non c’era team migliore in cui potessi andare».
Dicono che però si è lamentato di alcune cose, che la macchina che ha provato a fine anno non si adattava a lei.
«Come sempre esagerano le mie risposte: ho solo notato cose che non andavano e che erano le stesse segnalate dai collaudatori».
Si rende conto che la sua carriera è sempre più simile a quella di Schumacher: due anni in Renault e poi il cambio per far risorgere un team glorioso ma in difficoltà...
«Sì, lui fece lo stesso andando in Ferrari dopo i mondiali con la Benetton... Certo, sarebbe bello se poi, come Michael, riuscissi a vincere cinque mondiali».
È un messaggio alla Ferrari?
«No, però credo che, se la macchina sarà competitiva, Schumi non mancherà alla Rossa. E poi, come abbiamo visto nel 2005, se la Ferrari non è a posto, neppure uno come Schumi riesce a vincere».
Come si sente nei panni di Michael, della lepre, del campione da prendere e, se possibile, umiliare?
«Normale. Come sempre. Ci sono abituato. Voglio solo vincere il mondiale piloti e dare quello costruttori al team. Voglio tutto.

La mia sfida, adesso, è quella di far risorgere questo team: una grande squadra rimasta troppo a lungo lontana dal vertice. Siamo alla vigilia di una rivoluzione, dal niente al titolo. Spero di impiegarci meno di Schumi con la Ferrari... In attesa di provarla, mi godo questa monoposto: è la più bella che abbia mai visto».

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