Altri quattro italiani rapiti nel sud dell’arcipelago

Eugenio Vagni è il quinto italiano rapito nel sud delle Filippine, dal 1998. L’ultimo caso era stato nel 2007 quello del missionario Giancarlo Bossi (nella foto), rapito il 10 giugno e rilasciato il successivo 20 luglio. Fu prelevato da dieci uomini armati dopo aver celebrato la messa nella sua parrocchia di Payao, nei pressi di Zamboanga. Il sequestro fu attribuito ai guerriglieri del Milf (Fronte moro islamico di liberazione).
Il 17 ottobre 2001 era stato rapito un altro missionario italiano, Giuseppe Pierantoni, mentre celebrava la messa nella chiesa di Dimataling, località nel sud dell’isola di Zamboanga. Fu rilasciato il 14 aprile del 2002 e, interrogato dalla polizia, dichiarò di essere stato consegnato da un gruppo a un altro per tutto il periodo del rapimento. Sessantotto giorni durò, invece, la prigionia di padre Luciano Benedetti del Pime (Pontificio istituto missioni estere). Fu sequestrato il 9 ottobre del 1998, vicino Sebuco, a Zamboanga del Norte, sull’isola di Mindanao e fu liberato il 16 novembre. Nel 2004 ci fu un sequestro lampo, quello di Andrea Cianferoni, volontario del programma di aiuti umanitari di Movimondo, l’Ong sostenuta dall’Ue. Fu prelevato a Mindanao alle 2.30 del pomeriggio del 9 novembre (ora locale) e rilasciato l’indomani mattina.
Abu Sayyaf, sospettato del rapimento di ieri, è un movimento integralista il cui nome arabo significa «la spada di Dio», ed è considerato il braccio di Al Qaida nelle Filippine. Il suo obiettivo dichiarato è creare uno Stato islamico indipendente nel sud dell’arcipelago.

È nato all’inizio degli anni ’90 da una costola del Fronte moro islamico di liberazione, a sua volta scissosi dal Fronte moro nazionale di liberazione, ed è stato protagonista di decine di attacchi sanguinosi. Il gruppo, fondato dal predicatore islamico Abdulrajak Abubakar Janjalani, ucciso nel 1998, conta oltre un migliaio di seguaci.

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