Qualcuno la chiama la "Porta del Cielo", altri preferiscono battezarla come "Porta del Paradiso". Se ne sta lì, sospesa tra la roccia e il mito, non lontano da Zhangjiajie, nella provincia cinese dello Hunan. Sul monte Tianmen, a circa 1.500 metri di quota, la montagna si apre in un arco naturale alto settanta metri e largo trenta, una ferita antica nella pietra che da oltre cinque secoli segna l’ingresso simbolico a un tempio buddista. Per arrivarci bisogna guadagnarselo, passo dopo passo, curva dopo curva: dapprima 99 tornanti della Tianmen Mountain Road – la Via del Dragone – e poi 999 gradini inclinati a quarantacinque gradi. Un’ascesa che ha il sapore della prova iniziatica.
Per secoli quel tratto finale è stato territorio esclusivo di pellegrini e turisti senza fretta, pronti a misurare il proprio respiro con quello della montagna. Poi qualcuno ha osato porsi una domanda fuori posto, quasi sacrilega: si può arrivare fin lassù in automobile? “È impossibile”, dicevano. “Se sbaglia, muore”, sentenziava qualcun altro. Lo scetticismo, si sa, è sempre l’anticamera delle imprese che restano.
A raccogliere la sfida è stata Range Rover, affidando il volante della sua Sport PHEV ad un uomo abituato a vivere dove finisce la strada: Ho-Pin Tung. Cino-olandese, veterano delle corse, vincitore della 24 Ore di Le Mans e due volte campione dell’Asian Le Mans Series, oggi impegnato in Formula E con il Panasonic Jaguar Racing Team. A lui il compito di riscrivere il confine tra possibile e impensabile.
La preparazione è stata maniacale: gradini ricostruiti in scala reale, calcoli sulla velocità media, simulazioni per capire come una massa di oltre due tonnellate potesse dialogare con scalini nati per i sandali. Fondamentale il sistema tecnologico Terrain Response 2 in modalità Rock Crawl, più che un ausilio elettronico una grammatica nuova per leggere la montagna. E poi la tecnica: il quattro cilindri Ingenium da 300 cavalli e il motore elettrico da 116 CV, uniti in un equilibrio delicatissimo tra coppia, trazione e controllo.
Quindi si parte, in un giorno elettrico del 2018. Pin Tung si inerpica trattenendo il fiato, avvolto da un silenzio interrotto solo dal respiro del motore, mentre le nuvole a tratti hanno inghiottito la visibilità. Sa che anche il più risibile errore potrebbe risultargli fatale. Immaginate ribaltarvi su quella scalinata. La strada lo costringe pure ad un passaggio in retromarcia, quasi a ricordare che qui non esistono soluzioni scontate. Alla fine però la Range e il suo pilota la spuntano. Il verdetto del cronometro recita 22 minuti e 41 secondi. Il tempo richiesto per domare 99 tornanti e 999 gradini. Più veloce, paradossalmente, della funivia che porta in cima.
Non era la prima volta che Range Rover Sport cercava di spingersi oltre ogni limite. Prima c’erano state la cronoscalata a Pikes Peak, la traversata del Rubʿ al-Khālī – il Quarto Vuoto, uno dei deserti più inospitali del pianeta – e la discesa dell’Inferno di Mürren, 2.170 metri di pendenza svizzera. Ma la Porta del Cielo ha qualcosa di diverso: non è solo una sfida tecnica, è un dialogo aperto con un luogo inarrivabile.
Quando l’auto si ferma
sotto l’arco di roccia, la montagna non è sembrata sconfitta. Semmai, per un istante, ha concesso il suo silenzioso assenso. In fondo, anche le leggende hanno bisogno, ogni tanto, di qualcuno che abbia il coraggio di bussare.