
Un anno fa circa era esploso il caso di Imane Khelif, la pugile algerina che combatté sul ring pur avendo cromosomi maschili e vinse i Giochi. Ora, è caos per uno scandalo scoppiato durante i Mondiali under 21 di pallavolo femminile in Indonesia: “Il Vietnam ha schierato due uomini”. È l’accusa lanciata alla squadra asiatica dopo che due giocatrici sono state squalificate perché nel loro dna è stata riscontrata la presenza inequivocabile di cromosomi maschili. Si tratta della capitana Dang Thi Hong, la miglior giocatrice della squadra, e di Nguyen Phuong Quynh, entrambe immediatamente sospese dal torneo. La federazione internazionale (fivb) ha trasformato le tre vittorie del Vietnam in tre sconfitte per 0-3 a tavolino. La stangata è stata pesante visto che il Paese asiatico era già qualificato al turno successivo, mentre ora si ritrova ultimo nel girone e senza chance di proseguire il cammino. L’ultima partita, peraltro persa contro Porto Rico senza le due giocatrici di cui sopra, si è rivelata inutile. La Federvolley si è limitata a dire che alcune vietnamite “non erano idonee”. È stata la ct della Nazionale serba, delusa dalla sonora sconfitta, a sospettare sulla possente struttura fisica delle avversarie: “Non ci siamo mai allenate contro squadre maschili…". Una frase allusiva che ha portato alla richiesta di far effettuare un “test cromosomico” per confermare il sesso delle atlete. In particolare, erano sorti dei dubbi sull’atleta vietnamita con la maglia numero 12, che stava letteralmente dominando il Mondiale ed era la migliore attaccante con 83 punti, record poi cancellato dalla Fivb. Dang Thi Hong da diversi mesi era al centro dell’attenzione perché dalle foto di due anni fa, rispetto alle ultime, risulta abbastanza evidente la trasformazione fisica. Eppure, per la federazione vietnamita, che ha provato a difendersi presentando le carte d’identità per certificare il loro sesso femminile, era tutto regolare.
Di questi tempi, il tema sull’identità di genere è al centro del dibattito ora che Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. Il tycoon statunitense ha reso obbligatorio il test cromosomico in vista dei Giochi di Los Angeles 2028. “No ad altri casi come Imane Khelif”, aveva tuonato Trump sette mesi fa. Un appello che è stato poi accolto dalla federazione mondiale di pugilato che di recente ha reso obbligatori i test di genere.
Ma la prima di tutti a farlo era stata la federazione internazionale di atletica leggera dopo il caso di Caster Semenya, la sudafricana dal livello di testosterone giudicato troppo elevato. Da allora, la bicampionessa olimpica non ha potuto più correre gli 800 metri perché si è rifiutata di sottoporsi a dei test di verifica del genere il giorno prima della gara.