
Si trova nel bel mezzo del nulla, il corpo sospinto dai flutti. Accanto a lui, la luce fioca del battello che lo segue a vista, risibile consolazione quando cento lame ti trafiggono al contempo. E' la notte tra il 3 e il 4 novembre 2023 quando l’inglese Howard James si tuffa nelle acque tetre della Manica per affrontare una sfida che pochi hanno osato anche soltanto immaginare: una traversata notturna, a nuoto. Perché se il tumultuoso braccio di mare che si allunga da Dover a Calais è già stato oggetto di imprese diurne, sono in pochissimi quelli che decidono di sfidarlo al calar del sole.
Il motivo è limpido: il termometro dell’acqua recita dodici gradi, il cielo è un velluto scuro e l’assenza di luna trasforma la superficie in un tappeto apparentemente senza fine, interrotto soltanto dai riflessi delle luci di bordo della barca di supporto e da qualche boa disseminata qua e là. Partito dalla costa inglese, James incontra subito correnti trasversali che lo costringono a correggere costantemente la traiettoria, trasformando la linea ideale in un faticoso percorso a zig-zag.
Il ritmo delle bracciate è controllato, frutto di anni di esperienza nelle acque libere, con respiri misurati e uno sguardo che affiora appena oltre la superficie. Attorno a lui, il rumore dell’acqua diventa un metronomo naturale, mentre il resto del mondo svanisce. L'imbarcazione che sfila accanto a lui lo guida con fari schermati e indicazioni discrete, monitorando temperatura corporea, velocità e rotta. Nel buio fitto, la percezione dello spazio si dilata: il tempo sembra rallentare, le distanze si fanno indefinite, e ogni chilometro guadagnato è il risultato di un equilibrio delicato tra forza e resistenza.

Dopo alcune ore però il freddo comincia a insinuarsi in profondità: le mani perdono sensibilità, le spalle si irrigidiscono, i muscoli reagiscono più lentamente. James sa bene che deve superare il dolore che scuote i suoi spazi interstiziali. Si concentra sul gesto tecnico per non disperdere energia, ignorando l’istinto di accelerare per scaldarsi. Nel tratto centrale, il vento si alza e il mare si increspa; le onde colpiscono il viso con regolarità, costringendo a cambiare leggermente l’angolo di respiro. È una fase in cui la mente diventa decisiva quanto il corpo, perché la tentazione di fermarsi si fa concreta. Nel frattempo James deve anche curarsi di schivare i Cargo che attraversano La Manica pure di notte: un incontro troppo ravvicinato e rischierebbe di rimanere risucchiato.
Poi, lentamente, l’oscurità si attenua. Prima un blu denso, poi un grigio lattiginoso che preannuncia l’alba. All’orizzonte compare una linea sottile: la costa francese. Sulla barca, i membri dell’equipaggio calcolano la traiettoria finale per superare le ultime correnti di marea, quelle che spesso tradiscono i nuotatori a pochi metri dalla meta. James stringe i denti e aumenta leggermente il ritmo, avvicinandosi alla riva tra schizzi di schiuma bianca.
Dopo 11 ore e 38 minuti dall’ingresso in acqua, tocca la sabbia umida della spiaggia francese. Si alza lentamente, con i muscoli tesi e il respiro affannato, e compie gli ultimi passi per uscire dall’acqua. È il “latest crossing” mai registrato dalla Channel Swimming Association, un primato che si aggiunge al suo precedente “earliest crossing” ottenuto mesi prima.
La traversata notturna della Manica, d'altronde, è tra le prove più severe del nuoto di fondo: richiede resistenza al freddo, capacità di orientamento e una gestione mentale impeccabile. Farla a novembre significa affrontare ore di buio più lunghe, mare imprevedibile e temperature che mettono a dura prova ogni fibra muscolare.
James porta a termine l’impresa senza gesti plateali, con la sobrietà di chi sa che il vero risultato è sopravvivere a se stessi e al mare. L’alba, intanto, colora l’orizzonte e restituisce al Canale la sua calma apparente, mentre dietro di lui l’acqua si richiude, cancellando ogni traccia del passaggio.