Roma All’una Mario Monti è sul Colle, a rapporto. I cuochi del Quirinale hanno preparato come al solito un menu leggero, peccato per lo spread a 540, che gli manda il pranzo un po’ di traverso. Il presidente incaricato è a un passo dal traguardo, ma si tratta del passo più lungo. Giorgio Napolitano è preoccupato. Bisogna fare in fretta, bisogna «partire perché i mercati non aspettano». Il professore non è del tutto convinto, vuole imbarcare qualche politico per «ancorare» meglio il governo. Poi però, nel corso della giornata, si rassegna.
«Non ho la pretesa di insegnare ai politici come si fa politica», spiega prima a Bersani e poi a Alfano, e ottiene così il doppio via libera. Tocca prendersi un’altra notte di tempo, però si può «partire». Appuntamento alle 11 di oggi. Monti tornerà al Quirinale per sciogliere la riserva e ufficializzare la lista. «È stato un lavoro soddisfacente e proficuo - racconta alla fine delle consultazioni - sono sereno e convinto delle capacità del nostro Paese di superare questo momento difficile».
Tutti tecnici, nessun politico, questa sembra la scelta finale: il professore dovrebbe tenersi l’interim dell’Economia. E i politici? Letta sì Letta no, Amato chissà. L’altalena di proposte e veti dura tutto il giorno e forse anche tutta la notte. SuperMario, che chiedeva l’ingresso dei segretari come in una Grosse Koalition, si accontenterà di una «convivenza indiretta», che per l’Italia è già parecchio. E il braccio di ferro sulla squadra s’intreccia con le tante scaramucce sul programma. Il Pdl, ad esempio, non vuole che si rimetta l’Ici sulla prima casa. «Non ci possono chiedere di rinunciare a leggi approvate», dice Angelino Alfano. Il Pd è contrario alla riforma dell’articolo 18. Altri sono perplessi sulla patrimoniale.
Tra tatticismi e questioni di principio, Monti cerca il punto di mediazione. Vede i sindacati e gli imprenditori e riesce a stringerli in un impegno preciso: «Le parti sociali hanno dato la loro disponibilità a contributi concreti che possano portare sacrifici parziale per il bene comune». Vedremo poi come andrà in piazza. Ma intanto il premier incaricato si dichiara soddisfatto. «Mi ha positivamente colpito la loro disponibilità, con riferimenti concreti a possibili provvedimenti avanzata da diverse parti». Come dire: questo eventuale provvedimento non ci entusiasmerebbe ma, nel quadro di un contributo complessivo per la soluzione della crisi, potremmo essere disposti a considerarlo. Rigore, ma condiviso. Sacrifici, ma bipartisan.
Tutto bene, sostiene, anche con i partiti. «Sono in grado di assicurarvi che nelle prossime ore metterò a punto con precisione i diversi aspetti di un quadro già delineato». Fino all’ultimo resta però aperta la questione della composizione dell’esecutivo. Gianni Letta e Giuliano Amato, nell’ottica di Monti, sono i due personaggi giusti da coinvolgere per mandare un messaggio più forte all’Europa e ai mercati. La loro presenza nella squadra sarebbe il segnale netto di un disgelo tra Pd e Pdl di fronte all’emergenza finanziaria e quindi di una tregua fino alla primavera del 2013. Una polizza assicurativa di legislatura che però le due principali forze politiche non intendono firmare: nessuno vuole pagare nelle urne i dividendi di stagione di stangate.
Da qui lo slittamento dei tempi. Qualcosa è andata storta nella tabella di marcia, non tanto da far saltare tutto, ma abbastanza per chiedere un’altra notte. Il vero ostacolo, a quanto pare, Monti lo sta trovando nel Pd: Pier Luigi Bersani ha dei problemi a tenere unita la sua coalizione e teme che un’istantanea con Letta faccia precocemente ingiallire la famosa foto di Vasto con Di Pietro e Vendola. Inutile, sembra, persino il pressing di Napolitano, che in mattinata, prima di ricevere i calciatori della Nazionale, aveva convocato il segretario democratico per tentate di ammorbidirlo.
Dunque, tempi supplementari per un governo che, come dice lo stesso Monti «è in gestazione».
E fino al sì o no definitivo su Letta e Amato, l’incastro definitivo non può avvenire. Se il prossimo premier terrà per sé l’Economia, Guido Tabellini sarà viceministro.
Per la Giustizia crescono le quote di Livia Pomodoro, a cui il Pdl dà il via libera: «Nessun veto», con Piero Alberto Capotosti e Cesare Mirabelli in alternativa. Per lo Sviluppo circola il nome di Corrado Passera, che si aggiunge a Antonio Catricalà e Carlo Secchi. Infine il Viminale: Carlo Mosca ancora in testa, ma il prefetto Alessandro Pansa insegue da vicino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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