Chi è andato in pensione anticipata potrebbe avere una sorpresa positiva una volta raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia. In alcuni casi, infatti, è possibile chiedere il ricalcolo dell’assegno, escludendo, o meglio neutralizzando, i contributi versati negli ultimi cinque anni di lavoro, se questi risultano penalizzanti.
A chiarirlo è la Corte di Cassazione, con una sentenza (la numero 30803 del 2024), che rafforza una tutela importante per i pensionati, spesso ignari di questa possibilità.
Cos’è la neutralizzazione dei contributi
La cosiddetta neutralizzazione dei contributi consente di “sterilizzare” l’effetto negativo di alcuni versamenti contributivi che, invece di aumentare la pensione, finiscono per ridurne l’importo.
È una situazione che riguarda soprattutto chi è stato soggetto, (in tutto o in parte) a calcolo con il sistema retributivo, dove l’assegno dipende dalla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro. Se, proprio in quella fase finale, lo stipendio si abbassa (per esempio per un demansionamento, un part-time o un periodo meno favorevole), l’importo della pensione può risentirne in modo significativo.
Per questo il legislatore consente, a determinate condizioni, di escludere dal calcolo i contributi più svantaggiosi.
Quando si può chiedere il ricalcolo della pensione
Il punto centrale chiarito dalla Cassazione è che la neutralizzazione può essere richiesta anche dopo il pensionamento anticipato, una volta raggiunta l’età prevista per la pensione di vecchiaia.
Secondo i giudici, infatti, quando il pensionato compie l’età anagrafica per la vecchiaia, la pensione anticipata viene equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia. Lo prevede l’articolo 22 della legge 153 del 1969.
Questo significa che, da quel momento, diventano applicabili tutte le regole della pensione di vecchiaia, comprese quelle sui requisiti contributivi. E, quindi, diventa possibile chiedere la neutralizzazione di quei contributi finali che:
non sono più necessari per il diritto alla pensione;
risultano penalizzanti nel calcolo dell’assegno.
Le condizioni da rispettare
La neutralizzazione non è automatica e non vale per tutti i periodi lavorativi. Le condizioni sono precise:
può riguardare solo gli ultimi cinque anni di contributi;
i contributi da escludere non devono essere necessari per il diritto alla pensione;
l’operazione deve portare a un risultato più favorevole per il pensionato.
Dal momento che per la pensione di vecchiaia sono sufficienti 20 anni di contributi, quelli versati in eccesso e collocati nell’ultimo quinquennio di carriera possono, in presenza delle condizioni, essere neutralizzati.
La finalità della norma è chiara: rendere l’importo della pensione il più possibile aderente alla reale storia lavorativa e reddituale del lavoratore, evitando che una fase finale meno favorevole penalizzi l’intero trattamento.
Perché è un’informazione importante per i pensionati
Molti pensionati non sanno che il proprio assegno può essere riliquidato anche a distanza di anni, se sussistono le condizioni previste dalla legge.
La sentenza della Cassazione rafforza un principio di tutela fondamentale: non sempre “più contributi” significa “pensione più alta”.
Per questo, chi è andato in pensione anticipata e ha avuto una fase finale di carriera meno favorevole farebbe bene a verificare la propria posizione. In gioco può esserci un aumento stabile dell’assegno pensionistico, con effetti anche sugli arretrati.