Differenza tra upcycling e recycling: ne parliamo con un esperto del settore

L'upcycling e il recycling sono due differenti modalità di riciclo dei materiali di scarto: ne parliamo con Roberto Cavallo, agronomo, saggista, divulgatore ambientale ed esperto di riutilizzo dei rifiuti

Differenza tra upcycling e recycling: ne parliamo con un esperto del settore

Qual è la differenza tra upcycling e recycling dei rifiuti? Abbiamo chiesto di ripondere a questa domanda a Roberto Cavallo, agronomo, saggista, divulgatore ambientale, esperto di ecologia e riutilizzo dei rifiuti. "Ogni volta che riusiamo qualcosa o gettiamo correttamente l’oggetto nella raccolta differenziata, contribuendo il suo avvio al riciclo, risparmiamo materie prime, energia, acqua ed emissioni", spiega l'esperto a IlGiornale.it.

Dottor Cavallo, partiamo dai dati. Quanti rifiuti produciamo in media, a livello globale, ogni anno?

"In Italia, produciamo poco meno di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, circa 500 kg all’anno per persona. Mentre se si considerano i rifiuti speciali, quelli prodotti dalle industrie la quantità sale oltre i 150 milioni di tonnellate. Se poi spostiamo l’attenzione a livello mondiale, i rifiuti urbani prodotti sono oltre 2 miliardi di tonnellate all’anno".

In che modo i rifiuti impattano sull’ambiente?

"La produzione di rifiuti ha 3 tipologie di impatto ambientale. Innanzitutto, si tratta di risorse che sono state prelevate dall’ambiente che sia roccia come nel caso dei metalli, petrolio come nel caso delle plastiche, alberi per carta o legno, o sabbia per il vetro. Ogni volta che un oggetto viene gettato è come se stessimo gettando una gran quantità di natura. Ci sono poi l’energia e l’acqua utilizzate per produrre quel bene di cui ci stiamo disfacendo. E ancora, l’energia e le emissioni per trasportarlo da dove è stato prodotto lungo tutta la catena di consumo. Infine, c’è un inquinamento diretto se il rifiuto viene abbandonato nell’ambiente".

Possiamo riutilizzare tutti i materiali di "scarto"?

In linea generale, tutti i materiali possono essere recuperati. Per alcuni è più facile sia perché si tratta di materiali semplici - come il vetro, la carta, l’acciaio, l’alluminio il legno - sia perché esistono le filiere di riciclo. Da questo punto di vista l’Italia, storicamente povera di materie prime, si può dire sia sempre stata all’avanguardia del riciclo. Basti pensare ai cenciaioli, vera e propria figura professionale presente in Italia fin dal XII secolo".

E gli altri oggetti?

"Ci sono poi oggetti complessi o perché pur della stessa famiglia merceologica sono composti da molecole diverse, come alcune plastiche, o perché nel tempo hanno visto accoppiarsi materiali diversi: dal Tetra Pak alle apparecchiature elettriche ed elettroniche, agli indumenti costituiti di fibre di origine diversa. In alcuni casi, il riutilizzo o il riciclo è così complesso e dispendioso che gli oggetti finiscono in un inceneritore o in una discarica. Insomma, si sono drammaticamente avverate le parole di Italo Calvino, quando, descrivendo Leonia, scriveva: 'più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni.'"

A proposito di "riciclo", può spiegarci la differenza tra l'upcycling e recycling?

"Upcycling, secondo la terminologia anglosassone, statunitense soprattutto, è quando un materiale di scarto viene utilizzato per produrre un altro oggetto dal valore superiore a quello di partenza, ad esempio uno striscione pubblicitario rimosso che viene utilizzato per confezionare una borsa o il pane avanzato utilizzato per produrre birra: la birra o la borsa valgono di più del pane o dello striscione. Il riciclo (recycling, ndr) è quando un materiale viene utilizzato per produrre un bene simile o identico a quello da cui proviene il materiale: una bottiglia di vetro che torna ad essere bottiglia o vasetto, una lattina di alluminio che torna ad essere lattina o caffettiera".

Si sente parlare spesso anche di downcycling. Cos'è?

"Il downcycling è quando da un oggetto di scarto viene recuperato il materiale per produrre un altro bene, ma di valore inferiore. Ad esempio, il polverino degli pneumatici per fare asfalti o le scatolette d’acciaio per farne tondini di ferro per il cemento armato. È comunque importante perché, in alcuni casi, il processo di downcycling permette il recupero della materia che altrimenti andrebbe persa e sostituita con materiali vergini. Nel caso di alcuni materiali, come il PVC, è praticamente l’unica via per recuperarne la materia".

Quali sono i vantaggi economici del "riutilizzo creativo"?

"Il riutilizzo creativo è una nicchia e come tale va considerata. Economicamente si può considerare vantaggiosa nella misura in cui chi produce il nuovo oggetto, recuperando oggetti dismessi, riesce a far apprezzare le proprie creazioni. Ci sono installazioni artistiche e quadri, ci sono complementi di arredo o utensili di uso più o meno quotidiano. Conosco casi in cui i nuovi oggetti sono venduti a decine di migliaia di euro, in altri casi sono semplicemente regalati. Certamente tutti hanno un vantaggio: quello di far passare il messaggio che un oggetto, un materiale, può avere una seconda vita e spesso vale anche come metafora per superare un fallimento".

E i benefici per l’ambiente?

"Ogni volta che un materiale non viene bruciato o sotterrato, ma riutilizzato, i vantaggi ambientali sono enormi. In termini di impatto ambientale, il riutilizzo può ridurre da 3 a 26 volte l’impatto ambientale a seconda che si tratti di un materiale semplice come la carta o il vetro o di un oggetto complesso come un vestito o un elettrodomestico".

Un'ultima domanda. Secondo lei, in futuro, si riuscirà a vivere senza produrre più rifiuti?

"Da un punto di vista termodinamico, fisico, è impossibile non produrre rifiuti. A pensarci bene la natura produce un sacco di rifiuti. Un albero produce lascia cadere le foglie creando uno scarto, che però la natura è in grado di accogliere e trasformare in qualcos’altro fino a diventare nuovo nutrimento per la pianta stessa".

Quindi è un "sì" o un "no"?

"Mi piace dunque pensare che, attraverso la nostra intelligenza, sapremo produrre oggetti smontabili, riparabili, riusabili e che, quando proprio non si potranno più utilizzare, possano essere

completamente riciclati. In questo senso immaginare e disegnare un’economia sempre più ispirata ai cicli naturali credo non solo sia auspicabile, ma una strada obbligata per non morire soffocati dai nostri stessi scarti".

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