Milano - Veleni su veleni, mai stagione sportiva ha avuto tante polemiche e odiose rivalità come quella che si concluderà domani. I processi della scorsa estate, le penalizzazioni e tutto quanto ne è derivato, hanno portato ad ammorbare l’aria del campionato. L’Inter campione d’Italia e il Milan primo in Europa, hanno provocato poi uno scontro fratricida come mai si era visto nel passato: non solo rivalità sportiva, ma anche ideologica con pesanti risvolti sul sociale. Il colpo di grazia è stato lo striscione che Ambrosini ha incautamente esibito sul pullman scoperto nella passeggiata trionfale che i rossoneri hanno effettuato al ritorno da Atene. Un pugno nello stomaco, una caduta di stile che nessuno si sarebbe mai aspettato da parte del club di via Turati.
A chiudere l’incidente diplomatico ci ha pensato, come al solito, Adriano Galliani, l’uomo che nelle difficoltà riesce sempre a mantenere il sangue freddo. E ieri, prima del consiglio di Lega, sull’argomento è intervenuto Massimo Moratti: «È una cosa che è successa e ho già avuto le scuse da parte del Milan. E poi basta, finisce qui». Salvo poi aggiungere una frase infelice: «I giocatori se lo ricorderanno di più, questo senza dubbio». Stesso argomento affrontato da Galliani che prima risponde stizzito ai microfoni spianati che l’attendevano: «Lo striscione? Adesso basta. Vinciamo la Champions e continuate con gli striscioni» e poi, andandosene dalla Lega, spiega quello che era successo la sera precedente. «Avevo saputo da qualcuno di Sky che c’era questo striscione, ho fatto una telefonata sul pullman e lo striscione è scomparso. I giocatori mi hanno poi spiegato di non averlo fatto loro ma di averlo preso da un tifoso». «In ogni caso - conclude l’ad rossonero - mi sembra una cosa piccolissima, l’ho detto a Moratti prima del consiglio e ci abbiamo riso e scherzato su. Quando una squadra diventa campione d’Europa, questo episodio dello striscione diventa una piccola appendice. Altrimenti, anziché essere vincitori della Champions, diventiamo i raccoglitori di striscioni».
Da parte sua, Massimo Ambrosini, responsabile del brutto episodio, si cosparge il capo di cenere, prende carta e penna e scrive una lettera di scuse. «A chi è capitato di festeggiare subito dopo una grande impresa sportiva, sa che ci si lascia un po’ andare e che il clima nel quale si declina è un po’ quello della goliardia». Questa la prima fase di Ambrosini, che poi continua: «Tra ragazzi che giocano a calcio capita infatti di scambiarsi qualche sfottò, il cui fine ultimo non vuole essere offensivo, ma goliardico. Mi rendo perfettamente conto che ho commesso un’ingenuità di cui mi scuso con tutti. Un gesto fatto in un momento di euforia che spero non cancelli l’immagine leale, corretta e professionale che ho sempre tenuto nella mia carriera e che tutto il mondo del calcio, compreso l’ambiente interista, mi ha sempre riconosciuto. Tutti noi milanisti abbiamo almeno un amico interista e viceversa. Il derby di Milano e la sua storica correttezza hanno insegnato molte cose. La nostra è l’unica città in cui i tifosi delle due squadre vanno insieme al derby e deve continuare a essere così». «Senza livore e senza rancori», conclude Ambrosini.
Ma a sistemare le cose ci aveva già pensato personalmente Silvio Berlusconi, che ha chiamato Moratti proponendogli un superderby per festeggiare insieme i trionfi della Milano calcistica in Italia e in Europa. E cancellare i veleni.
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