Le amiche sanno sempre cosa fare, anche quando sono passati sedici anni, anche se le loro strade si sono divise. Ora che Eluana sta per andarsene davvero, bisogna esserci. Anche se lei non sente, non parla, non vede. Bisogna andare a salutarla, starle vicino come quando gli anni erano 20, le rughe erano qualcosa che si vedeva solo sui volti degli altri e la vita riservava feste e settimane bianche, non ospedali e ragionamenti sulla morte. Dopo che la Cassazione ha dato il via libera alla morte di Eluana, le sue tre amiche si sono sentite. «Andiamo da Elu», si sono dette. Poi si vedrà. Giancarla, Sabrina e Laura sono pronte ad andare alla casa di cura di Lecco «Beato Talamoni». Saliranno nella camera di Eluana e le diranno addio. Sono rimaste nascoste per quasi 17 anni. Vicine a Eluana e alla sua famiglia, ma lontane dalle telecamere e dai giornalisti. Adesso mandano avanti la più forte, Giancarla Rondinelli, giornalista, ex compagna di università. Un ricordo che arriva da un altro pianeta, da un altro periodo, da unaltra storia. Anni Ottanta. Università Cattolica di Milano. Quattro ragazze frequentano gli stessi corsi. Quando Giancarla parla, sembra che sia ancora là, nei chiostri della Cattolica. Eluana lì è solo una ragazza di ventanni. Bella, ambiziosa, elegante. Vestita firmata dalla testa ai piedi, fa colpo sui ragazzi. Quando passa, si girano a guardarla. E se le parlano scoprono che non è solo un bel viso, ma anche piena di interessi, con le idee chiare e la voglia di girare il mondo.
Così la ricorda Giancarla: «La prima volta che la incontrai era davanti alla bacheca della facoltà, in cerca di orari e aule delle lezioni. Era spaesata ma contenta. Maglia Moschino e borsa Louis Vuitton». Giancarla ricorda di aver pensato: «La classica modaiola». Ma poi si era lasciata trasportare dallallegria di quella ragazza. «Mi disse che era di Lecco e che tutte le mattine prendeva il treno per venire alluniversità. Ora tutti ne parlano come un vegetale, ma noi sappiamo chi era. Io, Sabrina e Laura sappiamo che lei non avrebbe mai sopportato tutto questo parlare di lei, della sua salute, del suo stato».
Nessuna delle tre vuole addentrarsi in discorsi filosofici, etici o religiosi e non sono neppure entrate nel processo, a differenza di altre amiche che hanno testimoniato. «Chi siamo noi per dire se è giusto o sbagliato? Ci siamo sempre chieste cosa avremmo fatto se fosse capitato a noi. E la risposta non cè ancora». Giancarla preferisce parlare dei ricordi di 16 anni fa, prima del 18 gennaio 1992, la notte in cui si schiantò contro un albero con lauto. «Eluana era la più matura tra noi. Volevo studiare lingue. Immaginava una vita da giramondo», dice lamica. La vita delle matricole durò poco. Lincidente spazzò via tutto. Giancarla ricorda i giorni dellospedale. «Quando la vidi attraverso il vetro della terapia durgenza sembrava stesse dormendo. Facevamo i turni per stare un po con lei, tentandole tutte per farla risvegliare. Qualcuno portò un cd di Claudio Baglioni, uno i suoi cantanti preferiti. Sabrina le portò una cassetta con il rumore del mare, che lei amava tanto».
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