Un’amicizia sulle questioni fondamentali

È la storia di un’amicizia breve ma profonda, quella tra Oriana Fallaci e il vescovo Rino Fisichella. Un’amicizia discreta, della quale non si era avuta notizia fino al momento in cui la famosa giornalista autrice de La rabbia e l’orgoglio, malata di un cancro incurabile, venne ricevuta da Benedetto XVI a Castelgandolfo alla fine di agosto 2005. Quell’udienza speciale, quel colloquio privato, al di là del protocollo e dell’ufficialità, tra una donna coraggiosa, senza peli sulla lingua, le cui controverse posizioni sulla debolezza dell’Occidente di fronte all’islam avevano provocato una scossa e una cascata di polemiche, era stata ottenuta e preparata da monsignor Fisichella.
Tutto comincia nel giugno 2005, dopo un’intervista nella quale il vescovo cita la Fallaci e pochi giorni dopo si vede arrivare una lettera della giornalista. È l’inizio di un’amicizia e dalle pagine di quel carteggio - grazie all’opera di Giuseppe De Carli, direttore di Rai Vaticano - tra l’uomo di Dio e l’appassionata giornalista non credente che sa di essere giunta alla fine della sua vita, emerge la profondità e la statura umana di entrambi i protagonisti. Da questi brandelli di comunicazione si coglie la profondità della domanda della giornalista e il modo discreto con cui il sacerdote l’accompagna. E il conforto è reciproco, come emerge dalla lettera che la Fallaci scrive al monsignore per manifestargli la sua vicinanza in occasione della morte della madre.
Si è spesso discusso sulle conversioni in punto di morte di persone che non hanno creduto durante la loro esistenza, le quali, di fronte al passo estremo, si riavvicinano alle fede. E qualcuno ha pure ironizzato sull’attivismo di alcuni prelati nell’accostarsi ad alcuni vip sulla via del tramonto. Si è però dimenticato che è naturale in molti l’acuirsi delle domande fondamentali, decisive, sul proprio destino ultimo, in prossimità della morte. Dalle lettere emerge con evidenza che il vescovo è stato contattato, è stato scelto. Emerge pure che ciò che ha offerto è stata un’amicizia vera, non tentativi di conversioni forzate.
Ha detto Papa Ratzinger lunedì scorso, prima di amministrare l’unzione degli infermi a dieci malati davanti al santuario di Lourdes: «La sofferenza prolungata rompe gli equilibri meglio consolidati di una vita, scuote le più ferme certezze della fiducia e giunge a volte a far addirittura disperare del senso e del valore della vita. Vi sono combattimenti che l’uomo non può sostenere da solo... Quando la parola non sa più trovare espressioni adeguate, s’afferma il bisogno di una presenza», di un’amicizia.

Oriana Fallaci fino all’ultimo ha lottato ed è rimasta tenacemente avvinghiata alla vita. Dai suoi scritti non traspare in alcun modo disperazione. Ma è evidente da queste lettere che nel momento più difficile della sua vita ha cercato e trovato conforto e amicizia in un uomo di Dio.

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