Anatomia di un nome Ecco perché Ganzo non è figo

Tra gli extracomunitari in arrivo in Italia ce n’è uno del tutto particolare. Non viene dall’Africa ma dal Brasile, non è in fuga da guerre o genocidi e non è un perseguitato politico: anzi, nella sua patria è amatissimo e non gli sarà facile lasciarla. Non è un certo un poveraccio, tutt’altro, ma vuole venire in Italia perché la considera il paese di Bengodi, il paese dove facendo certi lavori si guadagnano soldi a palate. È ovviamente un calciatore: Paulo Henrique Chagas de Lima, meglio noto come Ganso, centrocampista del Santos e della Nazionale brasiliana.
Nei nostri stadi, forzando appena un po’ la consonante s, di per sé già ballerina nelle varie pronunce dialettali, tra il suono sordo e quello sonoro, i tifosi lo chiameranno senz’altro Ganzo e si divertiranno un mondo a farlo. Nel mutevole gergo degli studenti di qualche decennio fa, e da qualche parte ancora oggi, «ganzo», infatti, è un aggettivo che significa «eccezionale, straordinario, stupendo»: «un tipo ganzo» è un bel tipo e «una tipa ganza» è una ragazza carina e attraente, e «Ganzo!» è una esclamazione di meraviglia e di stupore, buona per esprimere ogni tipo di reazione emotiva, meno scipita di «Figo!» e meno vecchia di «Bestiale!». Inoltre, siccome significa anche «scaltro, abile, furbastro», i suoi detrattori potranno anche usarlo per stigmatizzare qualche sua scorrettezza, fischiandolo e urlandogli: «O Ganzo!».
Quando poi, come spesso succede ai suoi pari, Paulo Henrique Chagas sarà immortalato in tenero colloquio amoroso con la figlia o la moglie del presidente di qualcosa, i suoi ammiratori più letterati e dotti potranno dire che è il ganzo della fanciulla di turno: nei testi letterari dei buoni autori antiqui, e anche nel parlar forbito dei gaddiani e degli arbasiniani, «ganzo» significa «amante», in senso alquanto dispregiativo. E, magari per incoraggiarlo, qualcuno che conosce i proverbi toscani potrebbe addirittura nomarlo «ganzerino», sottolineando con ciò le faticacce che il poveretto deve fare fuori dai campi di gioco: «Cicisbei e ganzerini fanno vita da facchini».
Bello, bellissimo, ma poi qualcuno con la morosa brasileira racconterà a tutti che in portoghese «ganso» significa «oca», e indica l’oca maschio, cioè l’ocone, essendo «gansa» l’oca femmina. Niente di male, certo, ma è pur sempre una brutta perdita di valore semantico. Perché un simile epiteto per un calciatore sì giovane e bello e, pare, bravo? Resto in attesa di vedere qualche sua partita, per sapere se per caso dipende dal suo modo di camminare sul campo o da qualche movimento che fa con il collo e la testa, per esempio quando esulta per aver segnato un goal. Comunque sia, se verrà in Italia, e non sarà rispedito indietro perché di calciatori extracomunitari qui da noi ce ne sono già abbastanza, e giocherà in qualche nostra squadra, potrà sempre misurarsi con il papero Pato e con il ganzo Figo, nel ricordo di Pelè.

Belli però i tempi in cui in Italia praticavano la nobile arte del calcio giocatori che si chiamavano Beccalossi, Longobucco, Pizzaballa e chi più ne ricorda più ne metta.
*autore di Sillabario della memoria Viaggio sentimentale tra le parole amate (Salani Editore)

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica