Casarini e l'Ong rinviati a giudizio. "Tratto profitto dagli sbarchi"

A processo l'equipaggio della nave "Mare Jonio". L'accusa: ha tratto profitto dai soccorsi in mare

Casarini e l'Ong rinviati a giudizio. "Tratto profitto dagli sbarchi"
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«Fu favoreggiamento dell'immigrazione clandestina aggravato dal trarne profitto». Rinviati tutti a giudizio gli imputati del caso «Mare Jonio» accusati di avere favorito l'ingresso illegale di 27 migranti e di avere incamerato 125mila euro per trasbordare i migranti sulla Mare Jonio dalla petroliera danese Maersk Etienne, poi fatti sbarcare a Pozzallo. Lo ha deciso il gup del tribunale di Ragusa, Eleonora Schininà, che ha accolto la richiesta della procura iblea, alla quale si è associata l'Avvocatura dello Stato costituitasi parte civile.

Gli imputati sono il comandante Pietro Marrone, Alessandro Metz, legale rappresentante della Idra Social Shipping, società armatrice della nave, Giuseppe Caccia vicepresidente del Cda della Idra e capo spedizione, l'ex disobbediente Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans, e i tre membri dell'equipaggio: il medico Agnese Colpani, il soccorritore Fabrizio Gatti e il tecnico a bordo, Geogios Apostolopoulos. L'indagine della procura di Ragusa scattò nel settembre 2020 quando approdarono a Pozzallo 27 migranti soccorsi dalla motonave danese Maersk Etienne, poi trasbordati sulla Mare Jonio. Secondo l'allora procuratore di Ragusa, Fabio D'Anna, emerse una «laboriosa negoziazione protrattasi dagli inizi di settembre al 30 novembre 2020» con una richiesta iniziale di 270mila euro, importo che fu contrattato e scese a 125mila, poi versati dalla società armatrice della Maersk alla Idra Social Shipping. «È una fattura di pomp... a Copenaghen». Ecco come Casarini, intercettato, descrive il versamento. In un'altra intercettazione l'ex disobbediente dice a Metz che «domani a quest'ora potremmo essere con lo champagne in mano a festeggiare perché arriva la risposta dei danesi». «Non ci faremo spaventare da nessuno attacca Casarini -. Sappiamo benissimo cosa abbiamo fatto: abbiamo aiutato 27 persone, lasciate in mezzo al mare per 38 giorni. Questo processo diventerà l'occasione per chiedere conto a ministri, governi e autorità, sul perché queste persone sono state lasciate in mezzo al mare». E incalza: «Diventerà un processo all'omissione di soccorso». La difesa, insomma, la butta sempre sulla stessa solfa del soccorso in mare, ma dimentica quanto messo nero su bianco dal Collegio del tribunale del Riesame di Ragusa ovvero che la carta del soccorso in mare non è una giustificazione per operare anche trasgredendo la legge. «È erroneo scrisse il Collegio - ritenere che qualsiasi comportamento messo in atto da soccorritore purché finalizzato all'adempimento del dovere di soccorso in mare, divenga automaticamente impunibile () in virtù () dello stato di necessità o dell'adempimento di un dovere».

Come sottolineò il Riesame, la Mare Jonio non poteva agire «in spregio alla diffida-divieto» delle Capitanerie di porto di effettuare soccorsi non essendo «affatto abilitato» a questo genere di operazioni. La difesa punta a contestare l'utilizzo delle intercettazioni tra difensori e assistiti, che è stato ritenuto valido, vuole portare in aula i migranti e sentire i vertici della Maersk per sostenere che non ci fu accordo economico.

Si resta in attesa del pronunciamento, entro l'estate, della Corte di Giustizia Europea riguardo all'estensione della «scriminante di solidarietà» nei casi in cui un'operazione di soccorso in mare possa configurarsi come favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

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