Anca malformata, eredità etrusca

L’Italia è il Paese europeo con il numero più elevato di protesi d’anca, ne vengono impiantate oltre 60mila all’anno. L’Emilia, la Toscana, l’Umbria e l’alto Lazio hanno il primato. Sembra che queste malformazioni siano una eredità degli etruschi che si è trasmessa fino a noi. Nel Nord Europa vi sono molti casi di artrosi, ma è difficile trovare pazienti con displasia dell’anca, una patologia dolorosa che può portare all’immobilità. In questi ultimi anni questa area della chirurgia ortopedica ha compiuto grandi passi avanti per il progresso raggiunto dalla ricerca e per gli interventi sempre più efficaci e sofisticati, al punto da essere eseguiti con ottimi risultati anche nei grandi anziani. Parliamo della realtà e delle prospettive della chirurgia protesica dell’anca con il professor Piero Garosi, docente di tecnica operatoria presso la Scuola di specializzazione in ortopedia e traumatologia della clinica ortopedica dell'università degli Studi di Siena dall’anno accademico 1992 e responsabile dell'unità di chirurgia protesica dell'arto inferiore della Casa di Cura Villanova di Firenze. Garosi, toscano doc (è nato a Empoli nel 1948) ha eseguito oltre 4200 interventi di chirurgia protesica dell’anca, il 20 per cento dei quali di riprotesizzazioni. Dopo la laurea e la specializzazione in ortopedia all’università di Pisa, ha effettuato stages e corsi di aggiornamento presso la clinica ortopedica dell’università di Marsiglia diretta dal professor André Trifaud e dal 1981 al 1982 ha svolto attività di chirurgia protesica dell'anca con il dottor Jean Pierre Bonsignour presso il Policlinico Hermitage di Menton (Francia). L’università di Tolosa, l’Endoclinik di Amburgo e la Lubinus clinic di Kiel, oltre a soggiorni in Inghilterra, all’università di Oxford e negli Stati Uniti a Philadelfia, hanno contribuito alla sua formazione ed alla conoscenza dei progressi compiuti nei più qualificati Centri di eccellenza.
«La chirurgia protesica dell’anca di primo impianto e di sostituzione protesica rappresenta oggi - afferma il professor Garosi - un capitolo importante della chirurgia ortopedica. E’ complessa, in grande crescita e difficile per le varietà anatomiche e anatomopatologiche che il chirurgo ortopedico deve affrontare. Inoltre un’alta percentuale dei pazienti sono anziani con patologie di ordine generale (diabete, cardiopatie, vasculopatie arteriose e venose, patologie neurologiche, renali). Per questi motivi la struttura ospedaliera che affronta questi interventi deve disporre di una équipe medica multidisciplinare che va dall’ortopedico superspecialista, all’anestesista dedicato, all’internista di reparto, al cardiologo, all’infettivologo, all’angiologo, all’istopatologo, al radiologo. Inoltre la struttura dovrà avere un blocco operatorio adeguato per questa chirurgia, ad alta protezione per rischi infettivi, con attrezzature all’avanguardia tecnologica e con disponibilità di numerosi modelli protesici». Quando si devono eseguire interventi di sostituzione protesica, la struttura ospedaliera ed il team chirurgico devono affrontare problemi ancora più impegnativi. «Dobbiamo confrontarci - precisa il professor Garosi - con situazioni ossee per le quali è necessario, soprattutto in pazienti giovani, ricorrere a trapianti ossei di banca associati alle moderne biotecnologie ( pappa di piastrine, cellule staminali, sostituti dell’osso). Inoltre un reparto che si occupa di chirurgia protesica dell’anca non può prescindere da un servizio di riabilitazione di alto livello, perché altrimenti parte dell’operato del chirurgo può essere vanificato. Questi pazienti, soprattutto gli anziani, non vanno dimessi prima della ritrovata autonomia».
La scelta del miglior tipo di protesi non è semplice. In particolare l’accoppiamento dei materiali tra testina protesica e acetabolo, può riservare molte sorprese. «Purtroppo dopo anni di esperienza sono stati individuati numerosi problemi posti dalle protesi di ultima generazione. L’accoppiamento metallo-metallo porta a liberazione di ioni metallici che per via ematica vanno a depositarsi nei tessuti e negli organi nobili ( fegato, reni).L’accoppiamento ceramica – ceramica, molto di moda, può portare a problematiche non indifferenti quali la rottura o il cigolio ad ogni passo. Oggi il migliore accoppiamento è ceramica – polietilene che presenta una usura infinitesima se accoppiato a testine protesiche grandi».La chirurgia mininvasiva un tempo esaltata ha rivelato limiti nell’area protesica. «Non significa piccolo taglio cutaneo, ma rispetto dei tessuti nobili ( osso, muscoli, tendini), e solo con una incisione cutanea di giusta dimensione si possono salvaguardare perché si vedono, e si può preparare l’acetabolo per accogliere la protesi.

Tra qualche anno la chirurgia protesica dell’anca con tecnica miniinvasiva, a meno che non ci siano delle novità tecnologiche, avrà lo stesso destino della chirurgia protesica dell’anca computerizzata che oggi è scomparsa da ogni incontro scientifico serio».

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