Anche Bertone celebra Porta Pia: «Laici e cattolici non siano divisi»

Roma La storia passa anche attraverso i segni, i simboli. E non c’è dubbio che la presenza – e le parole – del cardinale Tarcisio Bertone ieri mattina a Porta Pia, alla commemorazione per i caduti del 20 settembre 1870, giorno della fine del potere temporale della Chiesa, sono destinate a lasciare il segno. Mai un segretario di Stato aveva preso parte a queste cerimonie: quarant’anni fa, nel centenario, Paolo VI inviò a Porta Pia il cardinale Dell’Acqua, suo vicario per la diocesi di Roma, ma non il «primo ministro» d’Oltretevere, com’è accaduto ieri. Accanto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al sindaco di Roma Gianni Alemanno, e ai presidenti della Regione Lazio e della Provincia Renata Polverini e Nicola Zingaretti, Bertone ha preso la parola e ha pronunciato un discorso destinato a lasciare il segno e a rimarginare per sempre, laddove ve ne fossero ancora, ogni residua ferita. «In questa città di Roma – ha detto il cardinale – siamo raccolti in un luogo altamente simbolico per compiere un atto di omaggio verso coloro che qui caddero e per raccogliere il messaggio che ci ha lasciato la breccia di Porta Pia. Dal loro sacrificio e dal crogiuolo di tribolazioni, di tensione spirituale e morale che quell’evento suscitò è sorta però una nuova prospettiva grazie alla quale ormai da vari decenni Roma è l’indiscussa capitale dello Stato italiano». Il principale collaboratore di Benedetto XVI, appena tornato dallo storico viaggio in Gran Bretagna, ha aggiunto che «nel reciproco rispetto della loro natura e delle loro funzioni, la comunità civile e quella ecclesiale desiderano praticare in questo Paese una vasta collaborazione a vantaggio della persona umana e a beneficio dell’intera società».
Il segretario di Stato ha quindi citato il beato Pio IX, Pontefice controverso per il suo atteggiamento nei confronti del Risorgimento, leggendo il finale di un discorso pronunciato da Papa Mastai nel 1848: «Benedite, gran Dio, l’Italia e conservatele sempre questo dono di tutti preziosissimo, la fede! Beneditela con la benedizione che per lei vi domandano i Santi a cui diede la vita, la Regina dei Santi che la protegge, gli Apostoli di cui serba le gloriose reliquie, il vostro Figlio Umanato che in questa Roma mandò a risiedere il suo rappresentante sopra la terra». Citazione coraggiosa, che dimostra come, anche nel clima oggi definitivamente cambiato e soprattutto pacificato, la Chiesa non abbia dimenticato la storia. Le proteste dei radicali (il loro segretario Mario Staderini ha parlato ieri di «farsa»), e di alcuni alti esponenti della massoneria, contro la presenza del cardinale a Porta Pia, stanno a testimoniare come vi siano realtà che non hanno accettato fino in fondo quanto è accaduto durante questo lungo processo, e che vogliono invece ribadire la matrice anticattolica del processo risorgimentale. È poi da notare la coincidenza del fatto che proprio un segretario di Stato di origini piemontesi, e non proveniente dalla scuola diplomatica come il suo predecessore Pietro Gasparri, firmatario nel 1922 dei Patti Lateranensi, abbia presenziato alla cerimonia.
Poco dopo, nel suo intervento in Campidoglio, il presidente Napolitano ha sottolineato come nessuna ombra pesi «sull’unità d’Italia» nei rapporti tra laici e cattolici e tra istituzioni dello Stato repubblicano e istituzioni della Chiesa. E così, l’evento di Porta Pia, che «parve un crollo» per il papato, come ebbe a dire il cardinale Giovanni Battista Montini in Campidoglio nell’ottobre 1962, si trasformò in un bene per il vescovo di Roma.

«Fu allora – continuava il futuro Paolo VI – che il papato riprese con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e nell’irradiazione morale sul mondo, come prima non mai».

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