Anche con «una botta e via» si può fare buona letteratura

I racconti di sesso della Handler, definiti «inutili», sono invece uno spaccato sarcastico della realtà

«Idea inutile». Ma anche: «Mentre è nel pieno esercizio delle sue facoltà erotiche, assomiglia alla lontana a una David Sedaris in versione puttanesca e spensierata». Quando si leggono giudizi del genere su un libro, la regola è: comprare il libro e verificare che invece funziona. Nel caso di specie, l’esordio letterario di Chelsea Handler coi racconti di Le mie storie da una botta e via (Mondadori, pagg. 222, euro 15) la norma è confermata.
I racconti della giovane attrice americana, titolare di un caustico one woman show che si è intitolato Girls behaving badly (Ragazze maleducate) fino a che, il 21 aprile scorso, non è diventato il Chelsea Handler show, scherzano pesante sul sesso. Sono davvero storie da una botta e via ma, rispetto ad altra produzione del genere, ci si sente una sincerità che seduce prima, e poi convince. Handler ha il gusto del paradosso e dell’assurdo che è tratto comune a molta comicità americana recente, innestato però su un fondo di vita vissuta molto velocemente, senza remore né inibizioni. Basta l’attacco di un racconto, scelto a caso: «La maggior parte delle donne che conosco preferiscono le ginecologhe, le massaggiatrici, le psicoterapeute. Io no, preferisco gli uomini \. Hanno le mani più forti, in genere, e sono più sicuri di sé. E poi hanno il pisello, che a me piace moltissimo».
Chelsea Handler è figlia di padre ebreo e madre mormone: non si sa da chi abbia ereditato il gusto della scorrettezza politica (a proposito: si dice ancora così o se ne può fare a meno?); di certo non ha rispetto per nessuno, a cominciare da se stessa: «Quando mi sposerò, farò la lista di nozze alla Bank of America. In fondo sono ebrea: quando si parla di soldi, non scherzo». Chelsea Handler non manca di scherzare con altri tabù, veri o presunti, della cultura americana. Per esempio i negri. Se ne parla nel feroce Indovina chi viene dopo cena, in cui l’afroamericano Jerome, che lei si porta inevitabilmente a letto, è troppo dotato per lei e lei glielo dice chiaro in faccia: «“Mi dispiace. Ce l’hai troppo grosso, capisci? Sembra un missile”. Jerome aveva l’aria sconsolata, e io provai un moto di commozione. “Possiamo andare in camera mia a fare dell’altro”. Con “dell’altro” intendevo dire dormire, per la verità, non volevo che quella bestia uscisse ancora dalla sua tana».
Nessuna tenerezza, in questi racconti, ma sarcasmo sul mondo, le cose e sé medesima. Per questo Chelsea Handler conquista, e anche perché è una ragazza assai gradevole, cui forse rende piena la giustizia la pur bella foto in quarta di copertina. Ancora non si sa quale bellezza sia destinata a salvare il mondo - neppure il principe Miškin risponde all’ateo Ippolit, che glielo domanda - di certo la levità sconveniente e mai triviale di Handler lo rende meno spiacevole.

Il libro è benissimo tradotto dal collaudato duo Annamaria Biavasco-Valentina Guani, cui pure si deve il titolo italiano che rende comprensibile l’ellittico originale (My horizontal stories). Consigliato a coppie disinvolte e giocose, alle ragazze grazie al cielo spigliate d’oggidì e alle sedicenti comiche televisive italiane, a che apprendano che si può far ridere anche senza dire le parolacce.

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