dal nostro inviato Algeri
Il Partito democratico, un frutto «non maturo» tutto da costruire. La Margherita, un fiore che invece rischia di marcire, che continua a far prevalere discussioni «profondamente fastidiose», tutte basate sulla «matematica» di «numeri buttati lì come una clava o, magari, come unaspirazione». Con danni notevoli e disagio crescente nellopinione pubblica e tra gli stessi militanti. Tutto sbagliato e tutto da rifare: se fosse ancora parte in causa dentro il partito, sostiene il presidente del Senato, Franco Marini, avrebbe «cancellato» lintera modalità con la quale i dielle si apprestano a fare la scelta storica dellabbraccio con i Ds. Sul gruppo dirigente si abbatte così il suo «basta le schermaglie», alle lotte di potere per il potere. Non era nelle intenzioni del presidente Marini giungere fino in Algeria, uno dei partner economici privilegiati dellItalia, esempio anche di interlocuzione mediterranea e islamica da incentivare, per finire a parlare delle beghe interne. Del pollaio Italia, proprio mentre si celebrano i 50 anni dellEuropa e Marini si dichiara molto favorevole allingresso della Turchia, sfidando le ire vaticane. «Ladesione della Turchia è strategica e straordinariamente importante, perché è un grande Paese che aspira - se non ha conquistato del tutto - alla laicità». Ma non di questo si finisce a parlare. E neppure della politica sempre asfittica del governo, o dei numeri che a Palazzo Madama non bastano mai, di una maggioranza ancora non sufficiente in vista dellimminente voto sulla missione afghana. Incalzato dai cronisti fin sullaereo che lo sta portando ad Algeri, Marini vorrebbe pure tirarsi indietro. Ma poi si interrompe, prevale il sempre vigile organizzatore di partiti, lattivista politico in servizio permanente effettivo. Guarda ai leader che sono in campo nella Margherita, «tutti, nessuno escluso», ma è palese che il messaggio principale è rivolto al numero uno, Francesco Rutelli. «Io ormai sono sostanzialmente fuori - la prende alla larga Marini -, non partecipo neanche alle riunioni... Non voglio fare lipocrita, io sono io, ho avuto un ruolo nellarea popolare della Margherita e non lo rinnego... Non sono un attore diretto, però...».
Però? «Una battuta lasciatemela fare...», parte la reprimenda mariniana a proposito della battaglia precongressuale tra ex popolari e rutelliani, dei conciliaboli in corso e di qualche incontro segreto dal quale il presidente del Senato tiene a tirarsi fuori. «Nooo, nessun incontro, tutte chiacchiere». Di fronte ai conti interni, alle ambizioni rutelliane di arrivare al 40 per cento dei delegati congressuali, la domanda retorica di Marini suona come un niet duro e puro. «Una domanda la faccio io - dice il presidente di Palazzo Madama -: ma come fanno tutti nella Margherita a non vedere il fastidio forte, forse anche dei nostri militanti, questa grande attenzione solo sulla matematica, questi numeri buttati lì o come una clava o come una aspirazione? Io, se fossi stato dentro alla gestione del congresso, questo proprio lo cancellerei. Tra laltro queste schermaglie si fanno addirittura prima ancora dellinizio dei congressi regionali... È sbagliato e del tutto fastidioso per lopinione pubblica». Marini appare disgustato dal tono del contendere, ma è evidente che il potere contrattuale della sua componente sarà difficile eroderlo, per Rutelli e amici.
Non si può ridurre però tutto ai numeri, le pretese, anche se «certo, i rapporti di forza ai congressi conteranno». Questo non può essere il «punto centrale», in quanto materia di discussione ci sarebbe, e di tuttaltro profilo. Così al presidente non sfugge che il cammino è impervio e per nulla scontato. «Ma il Pd lo vogliamo? - si chiede Marini -.
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