Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
Intercettato anche il Guardasigilli. C’è anche il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, tra le persone ascoltate al telefono dagli inquirenti della Procura di Catanzaro. Le chiamate sono allegate all’inchiesta «Why not» incentrata su un presunto comitato d’affari, ovviamente illegale, politicamente trasversale e ramificato in tutta Italia. Il titolare del dicastero di via Arenula, che in questi giorni ha ripetutamente negato di voler tenere «sotto schiaffo» la magistratura e la stampa con la nuova normativa sulle intercettazioni, nell’indagine del pm Luigi De Magistris finisce «spiato» suo malgrado nel corso di una chiacchierata amichevole del 16 marzo 2006 con Antonio Saladino, personaggio cardine dell’inchiesta, referente della Compagnia delle opere nel Sud, definito dal pm «uomo al centro di un potere politico-economico non discutibile» che «manifesta una conoscenza verso esponenti politici di riferimento nazionali e regionali». Mastella, come indirettamente traspare anche dalla lettura del corposo decreto di perquisizione, è oggetto di una particolare attenzione da parte del magistrato alla ricerca delle «coperture politiche» che avrebbero permesso a Saladino di mettere in piedi il suo «sistema». Che «consisteva nella possibilità di ottenere lavori per le sue società» grazie alle entrature nei partiti, offrendo in cambio posti di lavoro. Nella telefonata agli atti non c’è niente di troppo compromettente per il ministro, se non proprio la conferma di una certa familiarità con Antonio Saladino, che il leader centrista chiama «Tonì».
«Ok Tonì, mandami l’amico»
I due discutono di un incontro che Mastella (all’epoca parlamentare) avrebbe dovuto definire con un imprenditore, «un amico mio, che una volta ti ho presentato (...) un grande costruttore, una cosa molto seria». «Sai Clemente - spiega Saladino - voleva conoscerti, fare una chiacchierata con te». Mastella dà subito la sua disponibilità: «Mandamelo verso le 12.15», ovvero neanche un’ora più tardi, visto che la telefonata viene registrata dai carabinieri del nucleo operativo di Lamezia Terme alle 11.37. Ma Saladino rallenta: «No oggi no. Ti chiamo domani e ti fisso un appuntamento con lui?». Mastella ribatte: «Va bene». Quello su cui si stanno concentrando gli inquirenti è lo scambio di battute successivo. O meglio una frase tutta da interpretare dell’attuale ministro: «Tonì, ma tu fatti autorizzà, tu e qualche altro a dare una mano, qua va come dico io, non come dicevi tu, eh!». Saladino replica: «Sì, no, hai ragione, no quello... ha cannato tutto, ha cannato tutto (...) io pensavo che recuperava... e che è presuntuoso, è un presuntuoso... e lo so, lo so che è un casino, se no, lo so che è un casino con Piri...».
Il costruttore e il generale
Poi i due tornano a parlare dell’appuntamento con l’imprenditore, e Saladino sottolinea come sia «una persona serissima», oltre che «amico anche di un generale che siamo stati insieme, ti ricordi?». Dalla lettura dell’intercettazione traspare, subito dopo, un curioso retroscena politico. Saladino chiede a Mastella se ha letto il Corriere della Sera: «Ma poi l’uscita nostra oggi sul Corriere l’hai vista, no? È uscita come Cdo pubblica, l’hai vista?». Mastella prende tempo: «Ma...lo so, ho visto, però io...». Saladino lo interrompe: «Però è equilibrata, l’uscita». Il riferimento è probabilmente a un articolo pubblicato a pagina 9 del Corsera in cui la Compagnia delle opere, a meno di un mese dalle elezioni, annunciò pubblicamente che avrebbe appoggiato il centrodestra. Ma al di là di questa intercettazione, peraltro non l’unica agli atti, le chiacchierate tra Saladino e Mastella erano già finite, indirettamente, nel decreto di perquisizione notificato ai 20 indagati. E il nome del Guardasigilli salta fuori nell’intercettazione di un’altra conversazione datata 10 marzo 2006 tra lo stesso Saladino ed Enza Bruno Bossio, già indagata, moglie del diessino Nicola Adamo, anche lui finito sotto inchiesta e perquisito su ordine del pm calabrese.
L’ira del Guardasigilli
Mastella nega di aver avuto «rapporti d’affari» con l’imprenditore indagato. E dice: «Ciò che è veramente grave in tale vicenda è invece l’ennesima, indebita divulgazione di intercettazioni disposte nel corso di indagine penale e nelle quali è parte un parlamentare.
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