Marzia Paolucci
da Roma
Il mondo delluniversità va allattacco del decreto Bersani. Nel mirino larticolo 22 che taglia i consumi intermedi incidendo sullautonomia universitaria e quelle entrate proprie non previste dal cosiddetto «fondo di finanziamento ordinario». La levata di scudi degli accademici italiani, da destra a sinistra, si concentra su quel taglio di costi per materie di consumo, servizi e godimento di beni di terzi. E nel mirino di rettori e comitati studenteschi è finito nei giorni scorsi anche il ministro dellUniversità e della ricerca, Fabio Mussi. Tanto da indurlo a minacciare le dimissioni se in Finanziaria non sarà corretto lerrore.
Una vera matassa da sbrogliare, sia per le università che saranno obbligate a ridurre la spesa per affitti e servizi, che per lesecutivo alle prese con il decantato «rilancio economico». E la cosa non può certo sfuggire a personalità come quella di Fulvio Tessitore, senatore Ds della scorsa legislatura e oggi deputato, un «uomo pubblico della sinistra democratica», quale si definisce dalle colonne del Mattino di ieri. Da accademico dei Lincei, ex componente del Consiglio universitario nazionale e della Conferenza permanente dei rettori delle università italiane, il professore denuncia la sua meraviglia. «Tutto ho pensato salvo che nella nuova legislatura - scrive in un commento pubblicato in prima pagina - mi sarebbe toccato proseguire la mia battaglia contro il governo di centrosinistra che ho votato, sostenuto e intendo sostenere». La tensione del cattedratico e uomo di scienza emerge dalle parole che sceglie per descrivere «una condizione paradossale tale da generare una situazione da coscienza infelice» che non esita a denunciare. Quindi elenca e precisa la natura delle spese intermedie che mettono in pericolo la quotidianità universitaria: «Quelle di pulizia, di vigilanza delle aule, dei laboratori, delle biblioteche e degli uffici o quelle concernenti il riscaldamento, lenergia elettrica».
Parole chiare che spiegano il senso del ragionamento: «Il governo non taglia i fondi che trasferisce alle università, incide sulle loro entrate ossia ciò che non riguarda il fondo di finanziamento ordinario che serve a pagare gli stipendi dei dipendenti». Insomma, per Tessitore il governo penalizza ciò che una politica realmente liberista dovrebbe premiare: «Effettua un prelievo da ciò che tecnicamente si chiama autofinanziamento e dunque colpisce i procedimenti virtuosi di quelle università che hanno saputo acquisire fondi alternativi rispetto a quelli statali».
Ha invece idee diverse Gaetano Quagliariello, senatore di Fi e ordinario di Teoria e storia dei partiti politici alluniversità Luiss Guido Carli. «Va benissimo contestare i tagli a ricerca e università - ammette - ma non ci si può fermare a una difesa corporativa del vecchio modo di fare università. Un modo che nasconde il vecchio vizio della politica di egemonizzare questo mondo». Ed elenca le ultime situazioni di questi giorni documentate dai giornali: «Il cambio al vertice dei primari del Regina Elena, la sottomissione della scuola Imt di Lucca alle scuole pisane rigorosamente di sinistra e il tentativo non troppo nascosto di far saltare il presidente del Cnr attraverso la vecchia tattica del promoveatur ut amoveatur».
Per lui, componente della commissione Affari costituzionali del Senato, «il problema delluniversità non può configurarsi solo in termini di finanziamenti e soldi: penso a un sistema di borse di studio e crediti donore con incentivi per i privati e le industrie che investano in ricerca e formazione». E conclude: «Se il centrosinistra si è messo sulla strada delle liberalizzazioni, il centrodestra deve sfidarlo: io ci sto lavorando...».
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