Delle due, l'una. Restare incollato alla poltrona fino al 2012 col rischio di essere additato ogni giorno come un politico corrotto oppure rassegnare le dimissioni. Ha scelto, per ora, la seconda opzione visto che di farsi processare per corruzione, rinunciando alla sopravvenuta prescrizione, il sindaco non ci pensa proprio. E così Fabio Sturani, primo cittadino di Ancona, vicepresidente dell'Anci, co-fondatore del Pd veltroniano, di fronte alle lotte intestine nella maggioranza, alle durissime mozioni dell'opposizione, alle spietate motivazioni della richiesta d'archiviazione nell'inchiesta sulla compravendita di un'area portuale, toglie il disturbo. Un bel gesto, a parole. In realtà sembra avere il sapore della farsa se è vero che mancando ancora 20 giorni al termine ultimo della dichiarazione di irrevocabilità delle dimissioni, Sturani ha tutto il tempo per ricompattare la maggioranza, scongiurare le elezioni e tornare in sella. Con l'ok già incassato dal Pd locale dopo aver pianto e fatto outing in un'assembla di partito, il sindaco sta già tentando il rimpasto puntando a coinvolgere chiunque possa rendere possibile l'impresa.
Su di lui pesano, però, le 40 pagine dell'atto della Procura. Questo il passaggio decisivo: «Non appare possibile revocare in dubbio che Sturani in qualità di assessore e sindaco abbia percepito somme di denaro, sotto forma di finanziamenti elettorali, nonché ulteriori benefici di carattere economico» da parte di imprenditori amici. Dubbi, e che dubbi, vengono inoltre sollevati su tanti soldi incassati da Sturani senza spiegazione. Dubbi che si ricollegano alla vicenda dell'acquisto da parte della municipalizzata Anconambiente di un'area portuale (denominata Ccs) di proprietà dell'imprenditore-amico Alberto Rossi, suo grande sponsor elettorale e suo datore di lavoro nella società Servizi Assicurativi. Secondo le ricostruzioni operate dalla guardia di finanza il sindaco avrebbe aiutato Rossi (in cambio di una «controprestazione» in contributi elettorali per 35mila euro) convincendo il presidente di Anconambiente, Umberto Montanari, a comprare il terreno, predestinato a una svalutazione sicura.
Dopo aver spulciato a lungo nei conti del sindaco, la procura conclude che si sono riscontrati «inusuali operazioni di indebitamento nei confronti del sistema bancario da parte di soggetti non imprenditori», in particolare fra i conti che non tornano vi sono quelli relativi a centinaia di migliaia di euro in contanti, attraverso versamenti periodici, definiti dai pm, «non giustificati». La Procura, tra le righe, traccia conclusioni severe che lasciano spazio a pressanti interrogativi. Da dove arrivavano tutti quei soldi? Perché il sindaco aveva un canale preferenziale da parte di banche locali («che gli hanno consentito il mancato rientro di finanziamenti personali anche consistenti e/o l'irregolare adempimento delle obbligazioni, nonché il rientro effettuato per contante mediante altri finanziamenti»)? Come mai Sturani versava «solo» 400 euro d'affitto? Chi gli ha pagato le 19 mensilità arretrate? Chi ha saldato i lavori di ristrutturazione dell'appartamento? Come mai ha accettato una vacanza ai Caraibi dall'imprenditore-amico indagato per truffa in danno della municipalizzata del «suo» Comune? Quel che appare «equivoco», secondo la procura, è «l'elevata entità delle somme in contanti percepite pari, per gli anni di interesse, a 251.396,86 non provenienti da fonti palesemente riconducibili al sindaco». Non si sa da dove provengano i quattrini, ma a oggi non c’è la prova che siano tangenti degli imprenditori-finanziatori della campagna elettorale.
All'assemblea del Pd, Sturani ha provato a convincere i suoi offrendo spiegazioni parziali su quei 251mila euro di troppo. Alla fine s'è accomiatato spiegando che i panni sporchi non si lavano in pubblico.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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