Angelico e Beato. La rivoluzione silenziosa del frate pittore

Una doppia mostra a Firenze raccoglie 140 opere, con prestiti da tutto il mondo

Angelico e Beato. La rivoluzione silenziosa del frate pittore
00:00 00:00

da Firenze

Beato Angelico nasce Guido di Piero alla fine del Trecento. Al Mugello, dove è originario, lo chiamano "Guidolino" per il fisico minuto: poco più che ventenne, nel pieno del fervore religioso del tempo, si unisce al movimento osservante dell'ordine domenicano a Fiesole diventando Fra Giovanni e poi il "frate pittore" per antonomasia della storia dell'arte e uno dei padri del Rinascimento. Muore a Roma nel 1455 e dieci anni dopo è già Angelico Pictor, angelico pittore, spirito artistico complementare al più radicale Masaccio. Come lui, è geniale, solo più misurato, lineare. Papa Wojtyla lo fa Beato nel 1982 e due anni dopo lo proclama patrono universale degli artisti. Ora la Fondazione Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco di Firenze gli dedicano una mostra che possiamo definire irripetibile: Beato Angelico (aperta al pubblico da domani fino al 25 gennaio, notevole catalogo Marsilio Arte) racconta la "rivoluzione gentile" di questo artista che tracciò i principi dell'arte rinascimentale pur rimanendo nella sua confortevole crisalide tardogotica. Suddivisa nelle due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo di San Marco, considerato la "casa di Beato Angelico", la mostra si avvale della curatela sopraffina di Carl Brandon Strehlke, curatore emerito del Philadelphia Museum of Art e massimo esperto dell'Angelico, di Stefano Casciu e di Angelo Tartuferi ed è in Italia la prima grande mostra dedicata all'artista da settant'anni a questa parte.

Qualche numero, al solito, aiuta a cogliere il peso specifico dell'operazione culturale: l'esposizione riunisce tra le due sedi oltre 140 pezzi, con prestiti "inimmaginabili, praticamente impossibili" (ci dice il direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, Arturo Galansino) dall'Alte Pinakothek di Monaco, dai Musei Vaticani, dal Met di New York, dal Louvre di Parigi (l'elenco è lungo: sono una settantina i musei coinvolti e persino un paio di segretissime, italiane, collezioni private). È servito oliare al meglio la macchina di Strozzi (che conta su donors, mecenati e un sostegno che ha pochi eguali nel nostro Paese) per coprire costi "indicibili" e procedere con un lavoro certosino di quattro anni per allestire una mostra accompagnata anche da un'articolata attività di restauri (28, addirittura). Di questi, il più sorprendente è la Pala della Compagnia di San Francesco in Santa Croce, fresca di ripulitura dall'Opificio delle Pietre Dure: il volto di Francesco, i capelli di Onofrio, la luce ritrovata sono dicono i curatori - "un miracolo". Miracolosa è anche la ricostruzione (17 su 18 pezzi) della grande Pala di San Marco, eseguita da Beato Angelico su commissione di Cosimo e Lorenzo de' Medici intorno al 1438: rimossa e smembrata alla fine del Seicento, per la prima vota è ricomposta e rappresenta il primo esempio di pala rinascimentale.

Si tratta di una storia comune a molte opere dell'artista che avviò nel convento a Fiesole una prolifica bottega (donando tutto il ricavato del lavoro ai confratelli, del tutto estraneo a logiche di profitto personale) e che fu poi chiamato a Roma da due papi, Eugenio IV e Nicolò V, incantati dal suo stile, da quel suo modo di intendere la luce, di interpretare gli ori, i bianchi, i blu, i marmi policromi, le Madonne, i Volti di Cristo: le opere di Beato Angelico, dopo le soppressioni napoleoniche, furono smembrate e messe sul mercato, molte pale smontate e disperse.

Non lo si può non tenere a mente, mentre ci si muove per le otto sale elegantemente allestite di Palazzo Strozzi, organizzate per tracciare un percorso dalle origini di Beato Angelico alle committenze più importanti (Medici inclusi). È la prima tappa di una mostra che prosegue a San Marco, il "luogo" dell'Angelico, oggi museo e un tempo convento domenicano. Qui, in questa oasi di pace nella trafficatissima Firenze, in questo museo ricercato solo da un certo tipo di turismo (amatissimo dagli artisti: il grande Mark Rothko vi è venuto in "pellegrinaggio", più recentemente Mick Jagger, Marina Abramovic, Tracey Emin) troviamo i lavori degli esordi e pezzi inamovibili come il Tabernacolo dei Linaioli. E poi, incanto assoluto per gli occhi, la celeberrima Annunciazione, appena salite le scale per andare nel corridoio del dormitorio dei frati, su cui si affacciano una quarantina di celle dove Angelico realizzò affreschi in cui prevale il bianco, colore dello spirito.

Nella biblioteca, considerata la prima biblioteca pubblica moderna (meriterebbe una visita a parte), ci sorprende il suo lavoro di fine miniaturista.

Elsa Morante, in un saggio del 1970 intitolato Il beato propagandista del Paradiso si domandava se alla fine il delicato Angelico avesse davvero partecipato alla rivoluzione delle arti durante il Rinascimento. Questa mostra è la risposta: sì, eccome.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica