In ballo c'è il futuro di un'azienda da 2.300 dipendenti e mille medici, una delle maggiori nella sanità privata italiana. E il futuro della Tosinvest Sanità, il gruppo che fa capo alla famiglia Angelucci, potrebbe passare attraverso un cambio di proprietà. Secondo quanto risulta al Giornale, infatti, è già stato conferito il mandato esplorativo a una delle più grandi banche italiane. L'operazione potrebbe sbloccare l'impasse e allontanare le nubi che si sono addensate sull'orizzonte del gruppo con la recente inchiesta della Procura di Velletri, per truffa ai danni dell'Asl Roma, e l'arresto di Gianpaolo Angelucci, terzogenito di Antonio, fondatore della Tosinvest.
Nonostante le vicende giudiziarie il boccone è pregiato, in un settore tradizionalmente al riparo dalla crisi economica: 27 strutture tra Lazio e Puglia tutte specializzate in segmenti altamente redditizi: riabilitazione, lungodegenze, case di riposo per anziani e strutture per malati terminali.
Da sola la sanità fattura oltre 200 milioni di euro l'anno, circa la metà del giro d'affari dell'intero gruppo, con un ebitda (margine operativo lordo) vicino ai 50 milioni di euro. Un gioiellino, con un rendimento davvero notevole. È la principale delle cinque «gambe» sui cui si regge la Tosinvest, la casa madre con sede in Lussemburgo e altrettante sub holding operative in Italia: le altre quattro si occupano di finanza, immobiliare ed editoria (con i quotidiani Libero e Il Riformista)
Ora, in parole povere, con l'inchiesta di Velletri, a rischio ci sono le convenzioni regionali che accreditano le strutture della Tosinvest Sanità, di recente ribattezzata Gruppo San Raffaele. Convenzioni che potrebbero addirittura essere revocate. Molto ruota, in questo frangente, attorno alla legge 231, sulla responsabilità amministrativa delle società. Ovvero la norma che dal 2001 introduce per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità diretta delle società, per una serie di reati commessi - nel loro interesse - da persone fisiche a esse legate.
L'arrivo di un nuovo proprietario rappresenterebbe un'ancora di salvezza per il gruppo sanitario. In questo caso la magistratura potrebbe dimostrarsi meno «dura» e, facendo ricorso alla discrezionalità che la legge le conferisce, mettere da parte l'eventualità di una revoca delle convenzioni, di fronte alla prospettiva di un nuovo corso. Stando ad alcuni commenti che circolano nell'ambiente della sanità privata, non c'è da stupirsi se la vendita sia stata dunque vivamente «suggerita» agli Angelucci dalla Regione Lazio. Per lanciare un segnale di disponibilità ai giudici, mettere al sicuro l'operatività aziendale, salvaguardare il servizio nonchè i dipendenti.
L'intera vicenda potrebbe leggersi come un deal offerto agli Angelucci per superare in maniera onorevole la situazione attuale. Cedere il pezzo pregiato, la sanità, per salvarla da un'azione giudiziaria potenzialmente devastante, e tenersi l'altra metà dell'impero.
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