Angius: «Governo inaffidabile ora giochiamo a mani libere»

da Roma

Ai socialisti il pranzo di ieri a Palazzo Chigi, ospite Romano Prodi, è andato di traverso. «Siamo rimasti allibiti dall’atteggiamento del governo», spiega il senatore Gavino Angius, ex diessino che è uscito dal Partito democratico per unirsi al Partito socialista di Enrico Boselli. E annuncia: «Da oggi, i nostri rapporti con questo esecutivo cambiano».
Addirittura allibiti? E perché, senatore Angius?
«Perché era stato assunto un impegno preciso, che noi per la nostra parte abbiamo rispettato: avevamo proposto un emendamento alla Finanziaria per introdurre anche in Italia una misura di flex-security che esiste in tutta Europa, in sostanza un’indennità di disoccupazione per i giovani precari. Il governo ci ha chiesto di spostarlo nel disegno di legge sul welfare, e noi lo abbiamo fatto. Concordandone la stesura con il ministro del Lavoro in persona. Damiano si è detto favorevole alla nostra proposta. E ora, all’ultimo momento, il governo si rimangia l’impegno, convocandoci a babbo morto».
A babbo morto?
«Prodi ci ha ricevuto a cose fatte, dopo che il maxiemendamento su cui si voterà la fiducia era già stato riscritto. Senza il nostro emendamento, che ora per il governo non è accoglibile per ragioni di copertura e di merito, visto che - ci è stato spiegato - non è stato discusso con le parti sociali. Per noi è un fatto molto grave, e non accettabile».
Quali conseguenze ne trarrete?
«Prendiamo atto della scarsa affidabilità di questo governo verso le forze che lo sostengono. E d’ora in avanti ci riterremo liberi di valutare di volta in volta le nostre proposte e i nostri emendamenti. Per intenderci, se in futuro ci chiederanno di ritirarli non lo faremo».
Lo avete comunicato a Prodi?
«Sì. Il premier si è detto preoccupato, ma è anche molto determinato a durare. Solo che siamo determinati anche noi».
Con voi il governo si è rimangiato un impegno, ma a Rifondazione è andata anche peggio, senatore Angius.
«La conduzione politica del ddl sul welfare è stata priva di logica, ed è sfociata in un gran pasticcio politico e procedurale, che complica i rapporti tra esecutivo e Parlamento. Se si fosse detto subito che il protocollo era intoccabile si sarebbero scavalcate le prerogative parlamentari ma la scelta avrebbe avuto una sua ratio. Invece, prima si è modificato il testo in commissione, trattando solo con la sinistra radicale e ignorando gli altri. Poi all’ultimo si è cambiato totalmente registro e il governo ha fatto dietrofront, mettendo la fiducia su un altro testo».
Però così Prodi ha recuperato il voto di Dini.
«Il problema non è recuperare un voto per poi perderne magari un altro.

Ma è la necessità che il governo abbia una linea coerente su problemi di grandissima rilevanza sociale. E invece l’atteggiamento è stato assolutamente ondivago e inaffidabile. Ne prendiamo atto, e d’ora in poi giocheremo a mani libere».

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