Anna Bianchi nel miraggio delle costellazioni

L’artista ticinese espone una serie di carte colorate che raccontano il mito di Orione

Elena Pontiggia

Mostre come queste sono la disperazione del recensore. Al quale accade di ammirare la magia di una pittura fatta di luci e di segni, ma poi deve proprio rassegnarsi al fatto che quelle luci e quei segni, così lievi e leggeri, praticamente non sono riproducibili. E, allora, come fa a spiegare al lettore quello che ha visto?
Diciamo intanto di che cosa si tratta. Stiamo parlando della mostra di Anna Bianchi «Le carte di Orione», in corso fino al 28 giugno alla Galleria Contemporaneamente, in viale Pasubio 14 (catalogo con testi del poeta Giovanni Orelli).
Anna Bianchi è un'artista svizzera, ma ormai italiana di adozione, perché ha studiato all'Accademia di Brera, e da anni si divide tra il Ticino, dove è nata, e la Liguria. Di lei, poi, si sono occupati molti italiani: hanno scritto il poeta Giovanni Giudici e il protagonista della Transavanguardia Nicola De Maria, lo storico Frediano Sessi e l'architetto Mario Botta, per citarne solo alcuni, oltre naturalmente a uno stuolo di critici. Quanto alla sua pittura, siamo di fronte a una tessitura minuta di segni che compongono dei paesaggi, delle figure, delle forme, che sembrano intessute d'aria. Anzi, di luce. Sono opere che potremmo definire figurative, avendo però l'avvertenza di ricordare che le sue immagini sono soprattutto apparizioni, miraggi. Qualcosa, insomma, di così permeato di vuoto, un po' come i disegni di brina sui vetri, che non sai mai bene se sei davanti a un sogno o a un elemento reale.
Il tema della mostra, che si compone di una serie di grandi carte colorate, è il mito di Orione. Questi, secondo la tradizione classica, era un bellissimo giovane, straordinario cacciatore, che secondo alcune versioni del mito si innamorò di Merope, moglie del re Enopione, il quale lo accecò per vendicarsi del tradimento. Secondo altre versioni fu invece ucciso da Diana cacciatrice, gelosa della sua abilità. Orione divenne così una costellazione, la più luminosa in inverno, che si disegna nel cielo accanto al suo cane Sirio.
Anna Bianchi dipinge appunto dei paesaggi che sembrano costellazioni celesti, e in cui l'apparizione della luce si mescola a oscuri presentimenti dolorosi, come nel mito. La fisionomia delle opere è quasi fiabesca, e spesso si apre a colorazioni intense e delicate, di sapore vagamente orientale come in certi esiti del simbolismo kandinskiano e russo.

Ma a ben guardare certi grumi di segni, certe ombre insistite, certi gorghi neri insinuano nei luoghi qualcosa di minaccioso. Nei suoi paesaggi sembra di riconoscere qualche presenza, ma poi ci si accorge che è un'illusione. E che tutto quello che credevamo di conoscere, o di sapere, è rimasto un mistero.

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