Anna e il miracolo dei bambini «lettori»

La «prof bibliotecaria» che a Né mette tutti in fila per conquistare un libro

Maria Vittoria Cascino

Anna dei miracoli. Che porta i bambini ai libri neanche ci fosse il miele. Che la sera trascina la sua gente stanca morta a ragionare sul futuro della produzione di nicchia. Che litiga con i genitori perché non censurino le letture dei figli. Che saccheggia il mercato per portare a Né le primizie librarie. Che è calata sulla Val Graveglia con un carico di libri da paura per invadere, allargare e contaminare. Perché le parole in fila si perdano in quella campagna di storia, leggende e tradizioni. Siano masticate e reinterpretate. Siano succhiate o abbandonate. Ma vuoi mettere che commercio. Che fa ancora più effetto quando fuori dalla Biblioteca Scolastico-Civica «Hugo Plomteux» di Né trovi la coda. E Anna Garibaldi insegnante-bibliotecaria, praticamente cervello e anima del miracolo libresco della valle, se li guarda tra il serio e il compiaciuto infilarsi al piano terra del palazzone che ospita anche scuole elementari e medie.
La cosa puzza. Non è comune che dei ragazzini si spingano per entrare in biblioteca. Entri anche tu e già ti ammoniscono con i «diritti imprescindibili del lettore» di Daniel Pennac: «il diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere, di leggere qualsiasi cosa. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa). Il diritto di leggere ovunque, di spizzicare, di leggere a voce alta». E soprattutto «il diritto di tacere - perché - mica puoi obbligare qualcuno a raccontarti che cosa ha letto» ci tiene a dirti Anna. Come inizio è una pacchia. Forse capisci la folla. Ma non è finita. Hai mezzo piede dentro che sbatti contro lo sgalateo. «Questo l’abbiamo scritto con i ragazzi», spiega Anna. Già, chi meglio di loro conosce quel «farsi chiamare mille volte prima di andare a tavola, non lavarsi le mani, darsi calci sotto il tavolo, sputare i semi, tirarsi il pane, succhiare il brodo e ruttare». La storia comincia a piacerti. Figurarsi a quei bimbetti. Ma il bello viene quando passi la soglia per trasferirti dall’altra parte. Ti dicono di mollare tutto fuori e di farti acchiappare dai tiri incrociati del labirinto. È gioco, è sogno. E libertà. Sei in una miniera. Di libri. Affreschi dei ragazzi fissano i paesini della valle. Oggetti, riferimenti. Tutto è ricostruito e disegnato per riprodurre il mondo altrove. C’è l’elfo Gurubuldu («qui siamo tutti Garibaldi») che ti marca stretto. Le stanze si aprono una sull’altra, casette assemblate e recinti diventano lo spazio unico del lettore. Cuscini e libri-cuscino gettati ovunque. Mentre alle pareti fioriscono libri.
«Sono nata qui, conosco la cultura locale, vengo da generazioni di Garibaldi - Anna ti ribadisce l’appartenenza -. Sedici anni fa a Riva Trigoso ho creato una biblioteca sperimentale monitorata dal Ministero. Perché il ruolo dell’insegnante-bibliotecaria non esiste». La lasciano fare e lei fa i miracoli. Ti rivoluziona concettualmente e praticamente il sancta sanctorum dei libri. Finchè torna a casa. In Val Graveglia. Fa partire 11 biblioteche in rete con 14.000 libri comprati negli ultimi 4 anni. Capofila la Hugo Plomteux. Colpa di Anna. E chi la ferma più. È a casa sua. C’è da rielaborare un patrimonio che mica possono perdere. C'è da far leggere questa gente, «perché nessuno nasce con la cultura in tasca. Così la sera siamo qui con i coltivatori e ristoratori a fare la tracciabilità dei nostri prodotti di nicchia.» In mezzo alla sala c’è un «mandillo da groppo». Biodiversità e cultura contadina. C’è questo dentro. E poi tavoli stracarichi di libri: «i migliori del 2005 sono già qui. Ne ho presi anche a Bologna». Ma come si fa a scegliere quelli giusti? «La capacità te la fai leggendo. Certo. Ma devi sentire la risposta dei ragazzi. Devi cercare il libro che dà indicazioni di vita senza essere demagogico. Perché andrà a far parte di lui».
Te ne mostra uno dietro l’altro, diversi, incredibilmente belli. Artistici. Di illustratori eccellenti: «Devono essere belli. Il piacere di toccarli insieme al gusto di leggerli. Che differenza c’è tra un libro e la Borsa della Pina? Il futuro del libro potrebbe non esser così». Li sfoglia, li interpreta, ti travolge. Pensi di non poterne più fare a meno. Come loro. Chiusi in questi spazi di libertà. Ci sono anche CD con La gatta di Gino Paoli o L’albero di Sergio Endrigo seguiti da libretto illustrativo. C'è Guccini, De Andrè. Sulle loro musiche i ragazzi sono diventati cantastorie del loro popolo. Ci sono i costosissimi «Prelibri» (libretti sensoriali) di Bruno Munari appesi alla parete, ci sono i fumetti «che compriamo in edicola con i ragazzi», ci sono i libri proibiti, quelli delle parolacce, quelli che spiegano agli adolescenti come cambiano: «li leggiamo insieme, nessun problema».
E di tanto in tanto se ne vanno a Zerli a leggere sotto la quercia di Gòsita, carica di secoli, 40 metri di diametro per 15 d’altezza: «Ci vogliono sei bambini per abbracciarla». A volte cucinano, allestiscono mostre itineranti ed esportano le storie che leggono.

Anna, che le colleghe le coprono le ore quando lei va a caccia di testi, ha una valigia incantata dove butta un po’ di libri. Non sa mai cosa leggerà, aspetta di incontrali questi ragazzini travolti dai tempi moderni. Uno sguardo ed è fatta. Anna apre un libro e non lo chiude più.

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