Presidente Cota, dopo l'ultima battaglia, tra lacrimogeni e sassi, la Tav è finalmente sul binario giusto?
«Direi proprio di sì perché l'Alta velocità ha sempre rappresentato un progetto irrinunciabile, che non poteva e non doveva essere più procrastinato. È necessaria per dare garanzie e prospettive alle nuove generazioni, è necessaria per il Piemonte, ma anche per l'intero sistema Italia anche dal punto di vista psicologico. Perché fa comprendere all'Europa che sappiamo stare ai patti, che siamo una realtà del fare e non dei no a tutto. Non possiamo perdere questa occasione perché a questo punto ci costerebbe di più tornare indietro che andare avanti e noi, come regione Piemonte ci abbiamo messo tutto il nostro impegno».
La Regione si è data da fare in questa direzione?
«Se il tunnel geognostico della Maddalena potrà partire lo si deve proprio anche alla determinazione della Regione che non solo l'autunno scorso ha ottenuto dal Cipe 143 milioni di euro per la realizzazione dell'opera. Ma anche, occorre dirlo, ha approvato una serie di altri provvedimenti con il concorso responsabile di una parte dell'opposizione».
Per esempio?
«La legge regionale sulle grandi opere sul modello francese, una legge che consente una serie di ricadute positive sul territorio. Il che si traduce in almeno 40-45 milioni di euro che rimarranno direttamente sul territorio della Val di Susa».
Un'opposizione responsabile, sembra persino una buona notizia.
«Vede la sinistra, fin dagli anni delle prime proteste in Val di Susa ha giocato sull'ambiguità. E sicuramente, almeno per un certo periodo, ha coperto le esasperazioni dei più facinorosi per strumentalizzarle contro il governo centrale. Ma adesso, finalmente, la mentalità è cambiata. E in molti, anche a sinistra, hanno capito che bisogna proseguire tutti uniti, senza esitazioni».
E i segnali che le giungono in Regione la fanno ben sperare in questo senso?
«Sì, il sindaco di Torino, Fassino, anche se in campagna elettorale era stato un po' ondivago, si è espresso, finalmente, apertamente a favore della Tav. Come, peraltro, ancora più apertamente, si era sempre espresso, con coerenza, il suo predecessore Sergio Chiamparino. Quanto alla realtà locale mi sento di poter dire che in Val di Susa gli antagonisti, al di là delle loro incursioni, mi sembrano francamente isolati, oramai».
Resta il fatto che tirare o far tirare i sassi contro gli operai e tentare, per anni, di bloccare i cantieri non è stato il massimo.
«Certo, ma le proteste, a tratti anche violentissime della Val di Susa, vanno inquadrate in un determinato periodo storico-politico, quando gli atteggiamenti di antagonismo bellicoso facevano un gran comodo a una certa parte politica locale. E non solo locale, ovviamente. Faceva comodo ignorare le barricate e gli assalti contro le forze dell'ordine. O, addirittura, faceva comodo cavalcare quelle reazioni violente. Ma, come ho sempre detto e ripetuto, non si può confondere la posizione dell'intera popolazione della Val di Susa con l'azione di violenti facinorosi. Le forze dell'ordine hanno sempre e stanno ancora facendo rispettare la legalità».
Quindi se adesso i più scalmanati sono isolati, che cosa è cambiato?
«Evidentemente anche i più machiavellici debbono aver compreso che appoggiare o mostrare connivenza con i violenti è, a maggiore ragione, una strada senza uscita oggi».
La politica ha le sue colpe per aver innescato l'ostilità della Val di Susa?
«Dobbiamo fra un po' tutti autocritica e
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